Conflitti e sincretismi religiosi aspetti del contatto fra Giudaismo ed Islam di Longo Pietro |
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Introduzione Il
sincretismo [1] è un processo in forza del quale due o più elementi culturali di sistemi
differenti si congiungono, allo scopo di formare un sistema nuovo e distinto da
quelli di partenza. Oggi il sincretismo rappresenta il fattore di evoluzione
culturale più importante e si è verificato sovente nella storia delle religioni.
Senza alcun dubbio tutte le religioni del mondo, Cristianesimo, Giudaismo,
Islam, Induismo, Buddismo, ed anche il Confucianesimo, hanno avuto luogo come
esiti di sincretismi. Il processo si verifica quando sistemi precedentemente
indipendenti pervengono ad un contatto, e scarsa importanza assume il livello più
o meno sofisticato al quale essi sono giunti al momento di incontrarsi. Al
contrario enorme rilevanza è data alla posizione di superiorità e di
inferiorità dei due elementi sistemici che interagiscono fra di loro. Se ad
entrare in contatto sono, poniamo, due religioni, quella che risulterà
superiore (ossia più forte) detterà le regole del sincretismo. Questo a sua
volta può avere esiti alterni, e conduce a fenomeni che spaziano dall’inglobamento
della religione più debole o di alcuni dei suoi elementi, fino alla totale
scomparsa della stessa. La terza ipotesi, che più spesso si verifica, comporta
invece la rielaborazione di elementi dell’una e dell’altra religione, allo
scopo di creare un terzo prodotto del tutto originale. Il nostro breve studio
intende osservare alcuni fenomeni di interazione fra la religione Islamica e
quella Giudaica, in quegli spazi storici e geografici che hanno visto la
prevalenza della fede musulmana su quella ebraica. Si inizierà dunque con una
breve resoconto delle condizioni storiche che hanno visto sorgere entrambi i
sistemi religiosi. Successivamente si intende dare spazio ad una veloce analisi
del modo in cui, nelle comunità antiche, la religione islamica si è rapportata
a quella ebraica, partendo dalle precisazioni che a riguardo sono sparse fra le sure del Corano, testo sacro dell’Islam. Si intenderà in tal modo
evidenziare il carattere, a volte conflittuale altre volte invece pacifico, del
sincretismo od anche del semplice contatto, avutosi nei secoli fra i popoli
portatori delle due diverse fedi. Punto di partenza essenziale è il rifiuto
netto anche solo del termine di sincretismo, da parte degli ambienti musulmani.
I teologi infatti negano, a differenza degli antropologi e degli storici delle
religioni, che si possa giustificare, parlando di sincretismo, la presenza e la
continuità di alcuni elementi, fra le tre grandi religioni monoteistiche, fra
le quali il Giudaismo è la più antica. Nonostante i dotti musulmani non neghino
alcuni caratteri di analogia fra l’Islam e la religione degli ebrei, costoro
spiegano il fenomeno alla luce della comune matrice semitica e alla luce della
vicinanza geografica (
Ebraismo [2] :
E’ la religione degli ebrei, la più antica fra le fedi
monoteistiche. La lingua italiana utilizza convenzionalmente il termine “ebraismo”,
benché la religione abbracciata dagli ebrei sin dall'epoca che seguì la fine
dell'esilio a Babilonia (VI secolo a.C.) venga definita scientificamente “giudaismo”.
La tradizione ebraica considera la propria esperienza religiosa soprattutto
come osservanza della Torah, la legge suprema che Dio ha
donato al suo popolo, e come Halakah, una “via”, un percorso di fede
e di vita da seguire scrupolosamente a livello personale e collettivo. Nato nella regione storica della Palestina, l'ebraismo è oggi diffuso in
tutto il mondo: è praticato fuori d'Israele dalle comunità della diaspora, formatesi in seguito ai fenomeni
di emigrazione che, spesso a causa di persecuzioni ed espulsioni, hanno
caratterizzato l'intera storia ebraica. È comunque necessario puntualizzare il
fatto che non tutti i 18 milioni di ebrei presenti nel mondo (dei quali
6.800.000 negli Stati Uniti, oltre
Islam [4] :
Religione fondata all’inizio del VII secolo d.C. da Maometto (in arabo محمد Muhammad) e praticata oggi da circa un miliardo di fedeli. La religione islamica è diffusa nel Medio Oriente, in Africa centro-settentrionale
(Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Mauritania, Senegal, Mali, Niger,
Ciad, Sudan, Somalia), in Turchia, Iran, Afghanistan, Pakistan e Asia centrale
(Azerbaigian, Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan), nel
Bangladesh, nelle Maldive, in Malaysia e in Indonesia, mentre in India
costituisce una cospicua minoranza. In Europa è storicamente
presente negli ex domini ottomani dei Balcani e soprattutto in
Albania, dove è professata dal 70% della popolazione, e in Bosnia-Erzegovina
(40%). Al fenomeno dell’immigrazione si deve la massiccia presenza
di seguaci nell’Europa occidentale, soprattutto in Francia, Germania, Gran
Bretagna, Spagna, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca. In Italia conta più di un
milione di fedeli, per gran parte immigrati dall’Egitto, dal Marocco,
dall’Albania e dal Senegal. Islam, اسلام, è parola araba che indica il concetto di
sottomissione assoluta all’onnipotenza di Dio, il Dio unico e invisibile. L’Islam si
caratterizza infatti come espressione di un monoteismo radicale, fin dalla formula
fondamentale – “Non vi è altro Dio se non Iddio, e Maometto è il profeta di Dio”
– recitata nel segno dell’appartenenza alla comunità degli adoratori dell’unico
Dio. Il seguace dell’Islam è definito in italiano “musulmano”,
termine coniato sulla base del persiano musliman, forma equivalente
all’arabo muslimin, plurale di muslim; questa parola, che si
ritrova anche nella lingua inglese, è utilizzata per indicare chi si considera
sottomesso alla divinità unica e irraggiungibile nella sua dimensione
trascendente. Tale concezione, rigorosamente monoteistica, è
considerata dalla stessa tradizione islamica in continuità con il credo dell’ebraismo e del cristianesimo, religioni che costituirebbero
le tappe fondamentali della rivelazione divina. Quest’ultima
culminerebbe nella predicazione di Maometto, il profeta per eccellenza e
l’ultimo dei latori della rivelazione di Dio dopo Abramo (in arabo Ibrahim), Mosè (Musa) e lo stesso Gesù (Isa). A tal
proposito occorre precisare che la tradizione musulmana, riferendosi a Gesù
come al più venerabile fra i profeti vissuti prima di Maometto, considera
esclusivamente la sua natura umana. Maometto stesso non si attribuì mai una
natura sovrumana, presentandosi unicamente come il profeta al quale Iddio avrebbe consegnato,
per tramite dell’arcangelo Gabriele, la rivelazione divina destinata a
essere custodita e venerata per sempre dai fedeli. La rivelazione è contenuta
nel Corano, il libro sacro dettato da Dio
all’umanità a completamento del messaggio parzialmente trasmesso sia dalle
Scritture ebraiche sia dalle Scritture cristiane. Affiancando a questa
concezione teologica un corpus normativo che regola la condotta dei fedeli
interamente sottomessi al volere divino, l’Islam ambisce a identificare
l’intera società con la comunità dei fedeli di Dio. A differenza del
cristianesimo, il mondo musulmano non ha mai conosciuto un’autorità suprema
ritenuta depositaria della verità in materia di fede e di etica. In assenza di
una figura paragonabile a quella del papa nel cattolicesimo, la tradizione islamica
assegna all’intera comunità dei fedeli il compito di custodire i precetti della
religione e della retta condotta e accoglie con molte riserve il ruolo di
custodi autorevoli dell’ortodossia attribuito in epoca moderna ai dotti dell’Università Al-Azhar del Cairo fra i sunniti, e alla gerarchia dei mullah iraniani fra gli sciiti. Vissuto nell’Arabia occidentale
all’inizio del VII secolo d.C., Maometto predicò agli abitanti di quella
terra, in maggioranza seguaci del politeismo, i dettami della nuova fede
rivelatagli direttamente dall’unico Dio. Nonostante l’ostilità incontrata nella
sua città natale, La Mecca, il profeta riuscì a dar vita,
nella città oggi nota come Medina (antica Yathrib), a una
comunità politico-religiosa che sarebbe riuscita, già prima del 632, anno della
morte del fondatore, a imporre la propria autorità in tutta l’Arabia, nelle
città come fra le tribù nomadi, elevando l’appartenenza all’Islam al ruolo di
elemento di identificazione proto-nazionalista. L’istituzione
del califfato, mirante a garantire la legittima successione di Maometto alla
guida della nazione islamica, rappresentò l’ambito privilegiato per la
trasmissione delle rivelazioni divine, comunicate oralmente dal profeta ai suoi
discepoli più fidati e registrate in forma scritta già all’epoca del terzo
califfo “ben diretto” Uthman (644-656) nelle 114 sure (capitoli)
del Corano, accettate dall’Islam come definitive e immutabili. I
passi del libro sacro costituirono ben presto il fondamento delle prescrizioni
rituali ed etiche della comunità, che tuttavia accostò alle parole e alle
azioni del profeta anche alcune pratiche non testimoniate dal Corano. Questa
tradizione parallela, detta in arabo sunnah, rappresenta tuttora una
fonte autorevole soprattutto per i sunniti, che vi scorgono un complemento
indispensabile alla rivelazione divina. Il saldo governo dei califfi e la fede
comune permisero i rapidi successi degli eserciti arabi. Questi ultimi, già
prima del 650, sottomisero al dominio del califfato di Medina l’Egitto,
Punti di contatto ebraico-cristiano-musulmano: La
tradizione islamica, sottolineando il primato assoluto di Dio, gli attribuisce
le parole rivelate a Maometto e registrate nel Corano, le cui pagine altro non
sarebbero che copie di un archetipo celeste unico e immutabile. Dal canto suo,
la ricerca storico-religiosa intende chiarire le origini del monoteismo
islamico considerando primariamente l’influenza esercitata in Arabia
dall’ebraismo e dal cristianesimo, in particolare nell’ambiente culturale del
profeta, al quale sicuramente non erano ignote le Sacre Scritture degli ebrei e
dei cristiani, salutati con rispetto come “popoli del libro [5] ”. Il
Corano, infatti, fa riferimento a Mosè come al tramite della rivelazione divina
contenuta nella Torah, mentre Gesù è presentato come il
custode di un “vangelo” dettato dalla divinità. Annoverando Gesù
tra i profeti, analogamente ai personaggi considerati tali dall’Antico
Testamento, il Corano lo presenta come Masih, Messia, ma gli respinge l’attribuzione di
una natura divina, pur condividendo con i Vangeli il racconto della sua nascita da
una vergine e dei miracoli compiuti, per poi divergere dalla tradizione
cristiana in merito alla crocifissione. Gesù sarebbe stato infatti
direttamente innalzato al cielo da Dio senza conoscere l’umiliazione del
supplizio, patito in realtà da un uomo reso simile a lui agli occhi dei suoi
persecutori e degli stessi discepoli. Queste e altre asserzioni
del Corano possono essere connesse più o meno precisamente con i racconti dei Vangeli apocrifi e con le dottrine delle
differenti correnti ebraiche e cristiane diffuse, o comunque conosciute in
qualche modo, in Arabia all’epoca di Maometto. E’ significativo inoltre che lo
stesso Corano, presentando come fatto riprovevole la divisione dei cristiani in
sette contrapposte l’una all’altra, abbia coscienza dei numerosi movimenti
sviluppatisi in seno al cristianesimo dei primi secoli e in gran parte condannati
come eretici. Dalla tradizione
ebraico-cristiana inoltre derivano all’Islam anche una serie di figure tipiche
della letteratura sacra. Ad esempio fra le creature di Dio, il Corano
contempla, accanto agli angeli, la folta schiera dei Ğinn,
gli antichi “spiritelli” che, venerati nel paganesimo preislamico come divinità
minori, sono stati adottati dall’Islam sia come esseri benefici divenuti fedeli
a Dio, sia come pericoloso esercito di demoni, tra i quali Iblīs è il
minaccioso tentatore degli uomini. Per quanto concerne l’escatologia, la tradizione islamica prevede
elementi già tipici della tradizione ebraico-cristiana: 1) un giudizio
universale 2) l’idea della resurrezione, presentati ambedue nel Corano, come
momenti culminanti della storia di questo mondo al termine di una serie di
terrificanti cataclismi naturali (sure 81,82,84). 3) Un paradiso, espresso dal nome arabo جنة “Ğannah [6]”,
precluso agli infedeli e ai malvagi, destinati al fuoco dell’inferno. Esso viene descritto (sura 52)
come un giardino di delizie popolato dai soli beati. Costoro riconosciuti tali
dopo che le loro buone azioni, pesate su una bilancia [7] , si
saranno rivelate più consistenti di quelle cattive, potranno godere della
felicità dei sensi gustando cibi succulenti e allietandosi con la compagnia di
incantevoli fanciulle. Ma se da un punto di vista escatologico
l’Islam ha ereditato molto dalle religioni “sorelle”, per converso in ambito filosofico
l’ebraismo a causa del contatto con I musulmani ha visto crescere, anche negli
stessi ambienti rabbinici, l'interesse per la speculazione filosofica. Così, il
pensiero dei maggiori filosofi greci, tradotti e commentati dai dotti musulmani
in periodo medievale, fornì ben presto agli intellettuali ebrei uno strumento
apologetico per dimostrare la ragionevolezza e la ricchezza profonda della loro
fede. Tale ricerca di una conferma della tradizione antica sulla base di nuovi
orientamenti speculativi, caratterizzò l'attività degli ebrei insediati nella
Spagna islamica, i “sefarditi” da “Sefard”, nome arabo della Spagna.
Inoltre questa forma di contatto ispirò l'opera di personaggi di grande rilievo
come Maimonide, l'autore della “Guida dei
perplessi” (1170), massimo filosofo ebreo che era solito scrivere in arabo. Che le tre grandi religioni monoteistiche siano nate nel medesimo ambiente
semitico, è dato scontato. Bernard Lewis, professore emerito presso
Altre disposizioni Coraniche sul rapporto delle confessioni religiose Oltre
ai versetti coranici che istituiscono la capitazione e quindi un rapporto di
riconoscimento di diritti ad ebrei e cristiani inizialmente, sotto tassazione,
il testo sacro dell’Islam è ricco di altre utili informazioni circa questo
argomento. Alla sura IX:29, la sura detta “del Pentimento” si legge: “Combattete
coloro che non credono in Dio e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Dio
e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che
non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il
tributo, e siano soggiogati”. È un versetto non del tutto limpido ma che
definisce con chiarezza una categoria di miscredenti che non vanno combattuti,
a patto di pagare la sopraccitata ğiziyah. Gli studiosi e i commentatori del Corano
fanno riferimento al verso precedente, unitamente a quello contenuto nella sura
II:256, in cui si legge “Non vi sia costrizione nella Fede: la retta via, ben
si distingue dall’errore”. Il brano suggerirebbe che la vera religione può
lecitamente vivere e coesistere con forme false della fede. Ma per gli studiosi
tradizionali questo asserto era sicura fonte di imbarazzo e bisognava
disfarsene. I così detti “muğaddid”, ossia gli innovatori, i
pensatori progressisti, al contrario ritengono che il versetto sia un autentico
dono di Dio, una prova tangibile che l’Islam è una religione tollerante. Ciò
spiega che il “versetto della non costrizione” è indicato come un grande
principio, una vera colonna portante dell’Islam. Meno lusinghiero è il racconto
su un certo numero di ebrei “violatori del sabbath” [13] . Alla
sura II “
Conclusioni e sguardi alla contemporaneità Il nostro studio ha avuto ad oggetto i momenti di incontro fra la religione islamica e quella giudaica, per linee generali, nel periodo storico della nascita dell’Islam (VII sec.) e nei secoli a seguire. Per quanto è stato possibile abbiamo fornito svariati esempi che dimostrano come il contatto fra le due fedi ha prodotto nella maggior parte dei casi dei prestiti dalla religione ebraica, più antica, a quella islamica, più recente. Da un punto di vista antropologico è lecito ritenere che l’Islam sia una rielaborazione originale (e dunque frutto di un sincretismo) di elementi pagani e preislamici e materiale “semitico”. Ma da un punto di vista meramente teologico, il dotto musulmano rifiuta tout court l’idea che la fede musulmana derivi da un processo di sincretismo. L’Islam si pone come prosecuzione del messaggio che Iddio ha voluto rivelare all’umanità. Né sincretismo o contatto, né superiorità o, peggio ancora, maggiore importanza dell’una fede nei confronti dell’altra. Semplicemente l’Islam è la “nuova fede” dal momento che è stata rivelata successivamente al Giudaismo e al Cristianesimo. Ciò detto, le fedi “trascorse” non sono da abolire o da sopprimere, ma semplicemente bisogna svecchiarle, fermo restando il diritto dei loro credenti di restare entro le proprie dottrine. Nei limiti di uno studio siffatto è stato descritto lo status “giuridico” delle genti ebraiche all’interno dello spazio geografico in cui ha finito per prevalere la religione islamica. Abbiamo inoltre riportato esempi di “rivelazione coranica” in merito al modo in cui Dio e di conseguenza i fedeli si relazionano agli ebrei, relazioni senza dubbio informate a criteri di accoglienza e liberalità. Le incrinature più significative nell’equilibrio tra le confessioni religiose si ebbero a partire dal XX e XXI secolo. Così nel corso dell’ottocento si verificarono i primi scontri a carattere etnico religioso (Libano 1860), insieme a fenomeni di genocidio (come quello degli Armeni) o di scambio di popolazione fra Turchia e Grecia. Prima di eventi del genere, possiamo assolutamente ritenere infondata l’accusa di antisemitismo o di antiebraismo mossa all’Islam già verso la fine dell’ottocento. È importante ribadire che l’Islam non ha mai creato un “mito ebraico” e quindi sia sempre stato esente da forme di repressione ai danni degli ebrei. Ovviamente il panorama è mutato nel 1917, allorquando il ministro britannico degli affari esteri, Lord A. Balfour si dichiarò favorevole all’edificio di una national home ebraica in Palestina, con le conseguenze che ancor oggi si susseguono. Oltre a ciò l’acuirsi di idee antisemite si è propagato, come è noto a seguito della “shoa” ebraica da parte del Nazismo, e con la creazione di uno stato sionista in Palestina nel 1948 e le successive immigrazioni di ebrei Sefraditi, Askenaziti e Falasha. Ma a proposito degli scontri tra ebrei e musulmani prodotti in tali casi, sarebbe più corretto parlare, giacché la questione si proietta su di un piano soprattutto politico, come di correnti anti-sioniste nate e cresciute in seno all’Islam, e non anche di mito antisemita che è fenomeno tutto occidentale e cristiano [17] . Bibliografia AA. VV., New Dictionary of
History of Ideas,
Bausani A., Il Corano, Milano, 1997. Bausani A., Islam, Milano, 1999. Bobzin H., Maometto, Torino, 2002. Cook M., Il Corano, Torino, 2000. Filoramo G., a cura di, Storia delle religioni- Ebraismo, Roma-Bari, 2005. Mendel G., Il Corano, Torino, 2004. Nelson P. C., Word Studies in Biblical
Hebrew, Aramaic, Greek and Latin,
Vercellin G., Istituzioni del Mondo Musulmano, Torino, 2002. [1]Traggo la definizione del termine da C. Scott Littleton, Syncretism, in AA. VV., New Dictionary of History of Ideas, Los Angeles, 2005, p. 2288. [2]G. Filoramo, a cura di, Storia delle religioni- Ebraismo, Roma-Bari, 2005. [3]I dotti che curarono le prime redazioni dell’antico testamento in un periodo di diversi secoli dell’alto evomedio. [4]A. Bausani, Islam, Milano, 1999. [5]In arabo ahl al-kitāb, ossia genti del libro (rivelato). [6]La parola “Ğannah” deriva dall’espressione ebraica Gan Eden, giardino dell’Eden. [7]Balkafiyyah ossia la bilancia escatologica che peserà le anime dei pii e quelle dei dannati. [8]L’antichissima radice semitica è *‘-l si ritrova anche nel semitico nord-occidentale come ‘el e nell’accadico come ilu. In tutte le lingue semitiche ha espresso l’idea generale di “essere potente, forte”. [9]P. C. Nelson, Word Studies in Biblical Hebrew, Aramaic, Greek and Latin, Oklahoma, 1941, p.17. [10]H. Bobzin, Maometto, Torino, 2002, pp. 50-52. [11]Faccio riferimento a: A. Bausani, Il Corano, Milano, 1997. [12]G. Vercellin, Istituzioni del Mondo Musulmano, Torino, 2002, pp. 30-32. [13]M. Cook, Il Corano, Torino, 2000, pp. 104-105. [14]M. Cook, ibidem, pp. 146-147. [15]Questa è una delle teorie presenti in M. Cook, circa il processo di formazione del Corano, inteso come mero esempio di letteratura sacra. Ovviamente questa ipotesi è improponibile per il dotto musulmano, per il quale il Corano è parola di Dio discesa sulla terra per il tramite di Maometto [N.d.a.] [16]L’elemosina rituale, la preghiera canonica, il pellegrinaggio ai luoghi santi, il digiuno di Ramadan, la testimonianza di fede in un Dio unico [N.d.a.]. [17]G. Vercellin, Istituzioni del Mondo Musulmano, Torino, 2002, pp. 40-41. |
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