L'Islam e le Crociate
Intervista tratta dalla rivista «Storia Illustrata»
 

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Intervista tratta dalla rivista «Storia Illustrata» al prof. Antonio Carile (ordinario di Storia Bizantina nell'Università di Bologna), Giovanni Porzio (studioso di storia del mondo islamico)

CARILE - [...] la grande modernità della Crociata, è questa proposta di un'ideologia totalizzante che discrimina fra le altre tradizioni civili spesso molto più antiche di quella cristiana (mi riferisco all'ebraismo) presenti nel Bacino del Mediterraneo (...). Ecco perché occuparsi della Crociata per il nostro mondo equivale a vedere in un contesto storico senz'altro profondamente diverso; dei procedimenti che sono tutt'ora vivi e operanti, anche al di là di quella eredità di risentimento nazionale che è molto importante tuttora nelle relazioni internazionali

STORIA - E per l'Islam la Crociata che cosa rappresenta? Come fu vista?

PORZIO - Vorrei innanzitutto sottolineare un aspetto assai rilevante: le Crociate rappresentano molto di più per l'Occidente di quanto non rappresentarono per il mondo arabo-musulmano. L'attacco cristiano fu accolto a Bagdad con assoluta indifferenza.

PORZIO - [...] Questa passività era sostanzialmente di ordine politico. Ma ad essa non era certamente estraneo un atteggiamento psicologico di rigetto, un diffuso senso di superiorità nei confronti del mondo cristiano: la civiltà islamica, sebbene fosse già entrata in una fase di lento declino, si presentava nel complesso molto più ricca, omogenea e sviluppata. Ciò nonostante, l'invasione crociata aprì una ferita che non si rimarginò completamente dopo la riconquista dei regni cristiani d'oltremare. La tensione accumulata durante le Crociate si propagò in tutto l'Oriente musulmano mano a mano che - a partire dal XV secolo - l'Europa cristiana prendeva il sopravvento in termini di supremazia economica, commerciale e culturale. Le nuove rotte marittime scoperte dai portoghesi accrebbero l'isolamento del mondo islamico, che perse gradualmente il monopolio del commercio con l'Estremo Oriente e con l'Africa sub-sahariana. Mentre l'Occidente si impone come forza politica e spirituale nei secoli del suo «Rinascimento», l'Islam si ripiega su se stesso.
Al di là dei numerosi e spesso fecondi contatti tra le due civiltà, la reciproca incomprensione è il filo rosso che lega il movimento crociato dei secoli XI, XII e XIII a quello che, forzando un po' i termini, si può considerare un secondo movimento crociato: l'aggressione colonialista del XIX secolo. In entrambi i casi l'Islam trovò in se stesso, e non immediatamente, la forza di reagire. Khomeini, in Iran, configura apertamente la sua rivoluzione come una risposta alla crociata colonialista dell'Occidente. E tutto il processo di decolonizzazione del mondo arabo, dove vita civile e religiosa sono indissolubilmente compenetrate, ha dovuto confrontarsi con la problematica religiosa e si è spesso sviluppato in uno spirito di «anticrociata». Il linguaggio di Khomeini, i suoi appelli alla guerra santa, non sono dissimili da quelli dei cronisti arabi delle Crociate. [...].

CARILE - [...] Allora io credo che non sia una generalizzazione astorica ricordare che proprio attraverso questo processo di espansione, anche demografica, che è stato la Crociata, questo sfogo trovato al bellicismo delle strutture feudali francesi nel momento in cui la monarchia nazionale attenta alle strutture feudali, e quindi fa perdere status sociale ai signori feudali, questo allontanare una controparte del conflitto sociale e dirottarla verso Oriente ha sortito due effetti: di assicurare all'Occidente una sorta di pace sociale mediante l'allontanamento di questo surplus demografico che sarebbe stato fonte di contrasto. L'altro, di permettere a questi sognatori della Crociata - fossero gli aristocratici francesi, fossero gli straccioni che fuggivano dalle campagne, o i borghesi in cerca di annoblissement - di sperimentare Stati e società utopistiche. La Crociata, la colonizzazione, dovevano mettere capo a una specie di utopia sociale, al consolidamento di un sistema sociale che in Occidente era in pieno superamento, grazie alle monarchie nazionali e al mondo cittadino. [...].

STORIA - Così nel mondo occidentale la Crociata si afferma come categoria ideologica e permane all'interno dello stesso mondo laico, diventando strumento discriminante di lotta politica [...]. Ma poiché fu contro l'Islam che principalmente operò questa categoria ideologica, come fu e come è ancora visto questo fenomeno dagli altri, dagli «infelici»? [...].

PORZIO - L'incomprensione per l'attuale reviviscenza islamica credo derivi anche da una mancata riflessione su questi temi: l'atteggiamento dei musulmani nei confronti delle Crociate e, più in generale, l'atteggiamento psicologico dell'Islam nei confronti del Cristianesimo. Una posizione che è difficile sintetizzare, se pensiamo alle profonde differenze culturali e politiche che dividevano, a esempio, Cordova e Bagdad. Comunque i musulmani - nonostante le tesi del Pirenne - non intesero mai interrompere i rapporti commerciali con il mondo cristiano. L'Islam nacque in una città di mercanti, la Mecca, e Maometto stesso, in età giovanile, condusse una carovana commerciale sulle piste dell'Hijaz per conto della sua futura consorte, Khadigia: memore di questa tradizione, l'Islam - trascorsa la prima fase espansionistica - si affrettò a riprendere i contatti con l'Europa. [...] Questo perché Islam e mondo cristiano, abusando di un concetto non nuovo, sono condannati a convivere e a cooperare, stante la loro contiguità territoriale e, soprattutto, le loro comuni radici storico-culturali. L'incomprensione a cui accennavo, quindi, è tanto più negativa in quanto divide l'Europa dal suo «partner» ideale: il mondo arabo. In un'area fisiologicamente orientata verso il commercio e gli scambi come il bacino del Mediterraneo, il solco scavato dalle Crociate si è rivelato gravido di conseguenze psicologiche. Se è vero che, alla fine, sono sempre gli interessi economici a prevalere sugli altri (e la storia delle relazioni commerciali dell'Algeria o della Libia con gli Stati Uniti lo dimostra ampiamente), l'elemento psicologico ha avuto e continua ad avere un'influenza non irrilevante. Lo vediamo in Iran, dove l'aspetto psicologico e culturale ha assunto un peso determinante. L'incontro tra la civiltà islamica e la civiltà occidentale è indispensabile, prima che auspicabile: ma la distanza che ancora le separa esige, soprattutto da parte occidentale, un impegno sincero e costante per valicare i limiti della reciproca incomprensione.
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