La Sicilia e l'Islam di Umberto Rizzitano |
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Se [...] vogliamo soffermarci brevemente su qualcuno dei risultati più positivi della presenza dell'Islam in Sicilia, la precedenza deve essere data a buon diritto al settore dell'agricoltura nel quale arabi e berberi esercitarono la loro perizia nei sistemi di canalizzazione, di irrigazione e giardinaggio, operarono il frazionamento del latifondo, dissodarono territori trovati incolti, per cui cospicuo è l'apporto arabo alla terminologia siciliana relativa all'agricoltura; altri arabismi radicatisi nelle parlate dialettali dell'isola con l'arrivo dei saraceni appartengono all'ambito amministrativo, commerciale, professionale, onomastico e toponomastico. [...] Nei quartieri popolari soprattutto di Palermo, Trapani, Marsala, Mazara (...) gli usi e costumi, i sistemi di vita, la pubblica licitazione delle merci, le denominazioni delle strade, la tematica di alcune leggende ed altro ancora ci riportano sull'opposta sponda: a Tunisi, a Susa, a Qayrawàn ed accentuano i rapporti più o meno remoti fra due terre e due popoli che l'impresa di Asad ibn al-Furàt (أسد بن الفرات) concorse a mettere nuovamente in contatto quasi a volere ulteriormente riproporre - al di là di ogni contingenza politico-militare - il loro carattere mediterraneo, che nella Sicilia normanna facilitò un sorprendente sincretismo nel settore dell'architettura religiosa.[...] Quanto allo sviluppo urbanistico, e di conseguenza edilizio e demografico, le prime città ad avvantaggiarsene con la conquista araba furono Palermo, Mazara e Girgenti, i cui porti ebbero un incremento mercantile tale da assicurare il benessere alle rispettive popolazioni. Altri territori su cui poterono esercitarsi, sia pure in misura minore, i benefici effetti della amministrazione islamica, furono Trapani e Marsala nonché, all'interno, Castrogiovanni, mentre non ebbero particolare rilievo le città orientali quali Milazzo, Messina, Taormina e Catania, il cui commercio si trovò spesso compromesso dalle continue scorrerie e dalle azioni dei saraceni sulla terra-ferma.
Un dialogo fra civiltà L'Islam si mantenne in Sicilia da conquistatore poco meno di due secoli e mezzo, ma anche quando il suo potere politico e militare non fu più che un ricordo, l'inserimento dei residui nuclei musulmani nella vita dell'isola continuò fino ai primi decenni del Duecento in quanto gli Altavilla, da Ruggero II ai due Guglielmi e successivamente gli svevi con Federico II, fecero continuo ricorso ad essi per le loro esigenze di vita cortigiana, militare ed amministrativa. Anche sul piano delle espressioni culturali quei dinasti non tralasciarono occasione per avvicinarsi alla civiltà dei vinti e sensibilizzarsi alle sue più stimolanti espressioni. Ci limiteremo a ricordare che se alla corte del primo sovrano normanno fu realizzata la più classica opera geografica del medio evo islamico, che rese famosi nei secoli i nomi del mecenate che la patrocinò, Ruggero II, e del geniale compilatore, il musulmano Idrissi, lo svevo Federico II volle conoscere del pensiero arabo-islamico (e spesso con intenti non dilettantistici) quella parte della speculazione filosofica sulla quale aveva agito in Oriente, fin dal secolo IX, il pensiero greco. Finalmente anche nella Sicilia normanna e sveva, così come nella Spagna, operatasi la necessaria e benefica distinzione fra quelli che sono gli aspetti più strettamente confessionali di un popolo e le sue manifestazioni meno direttamente vincolate al fattore religioso, si erano determinate le indispensabili premesse per un dialogo fra civiltà senza posizioni precostituite da settarismi confessionali.
Umberto Rizzitano |
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