La rinascità degli studi sul mondo musulmano
Islam, istruzioni per l'uso
di Giorgio Ieranò
 

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Quando l'Italia aveva le colonie, l'islamistica era molto fiorente nel nostro Paese. Poi lunghi decenni di declino. Però, dopo l'11 settembre, scuole e facoltà dove si impara la cultura araba sono prese d'assalto. Perché con quella realtà si dovranno fare i conti.

Arriva un islamista da talk-show, un prodotto della postmodernità televisiva travestito da tradizionalista: in nome della laicità dello stato, principio estraneo al mondo musulmano, vuole togliere i crocifissi dalle aule scolastiche. Poi, per fortuna, c'è uno studioso del mondo islamico, Paolo Branca, che sull'inserto culturale del Sole 24 Ore spiega come, sebbene il Corano neghi la crocifissione del profeta Gesù, poeti e mistici musulmani abbiano scelto che la passione di Cristo sia simbolo delle sofferenze degli stessi popoli islamici.

Quanto sappiamo davvero dell'Islam? Quanto riusciamo a vedere dietro il monolite opaco dell'integralismo o dietro i volti degli immigrati che incrociamo per strada? «Italiani, vi esorto all'islamistica» dovrebbe dire un novello Ugo Foscolo. Ma dove si trovano gli strumenti e le scuole per imparare il linguaggio di un mondo più complesso di quanto voglia farci credere la propaganda, quella xenofoba e quella integralista?

L'islamistica un tempo era fiorente in Italia. Quando avevamo le colonie, quando la rivista italiana Oriente moderno era definita da Arnold Toynbee «la migliore rivista orientalistica del mondo». Poi, per lunghi decenni, nonostante alcune punte di eccellenza negli studi filologici, il declino. Dice Franco Cardini, medievista appassionato di cultura islamica, argomento che ora insegnerà all'Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli: «Eravamo la nazione con le carte più in regola, anche sul piano della geopolitica, per sviluppare gli studi sulle società islamiche. Nel 1938 l'arabo era una lingua ufficiale del nostro Paese, dato che avevamo concesso ai libici quella cittadinanza metropolitana che gli algerini aspettarono invano, fino all'ultimo, dalla Francia. Ancora oggi la grammatica dell'arabo si studia sui testi di Laura Veccia Vaglieri, semplice insegnante in una scuola per ragionieri di Bengasi. Poi abbiamo ignorato l'Islam sul piano culturale, forse per farci perdonare il passato coloniale o certe tendenze filoislamiche dei nostri politici. Come se gli israeliani, che producono alcuni tra i massimi studiosi dell'Islam, avessero mai preteso che per cortesia nei loro confronti noi abbandonassimo gli studi islamici! Il risultato è che ora in Italia la conoscenza dell'Islam è nettamente inferiore a quella dei francesi, degli anglosassoni o anche degli spagnoli».

Ma l'11 settembre ha dato una sveglia e ha fatto nascere curiosità non effimere, a cui le istituzioni soprattutto accademiche cercano di rispondere. Alla Statale di Milano, la facoltà di scienze politiche ha iniziato a offrire corsi di arabo che l'anno scorso hanno raccolto cento iscritti; anche la sede universitaria della Bicocca ha appena aperto un corso analogo. La Lombardia ha varato corsi di arabo per gli studenti delle superiori: 30 ore complementari per le quali si sono già prenotati mille ragazzi. E già da tre anni all'università di Bologna è sorto il Centro interdipartimentale di scienze dell'Islam, intitolato ad Abdulaziz Ibn Saud, fondatore del regno saudita che finanzia il centro stesso, e diretto da Massimo Papa.
«La realtà ha superato le previsioni» dice Paolo Branca, che insegna all'università Cattolica di Milano, al posto di Sergio Noja, studioso di fama da poco andato in pensione. «L'Islam ormai l'abbiamo in casa. Dal punto di vista concreto questo implica anche nuovi sbocchi professionali per chi studia l'arabo: c'è un settore della mediazione interculturale, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, che nei prossimi anni dovrà essere sviluppato».

L'effetto Islam si vede anche in quelle che sono da sempre le sedi deputate per gli insegnamenti di arabistica e orientalistica in Italia: l'Istituto universitario orientale di Napoli, il corso di laurea in lingue orientali a Venezia e l'università La Sapienza di Roma, dove hanno fatto scuola i due maggiori esperti di mondo islamico del dopoguerra, il grande arabista Francesco Gabrieli e Alessandro Bausani, esperto del mondo persiano ma anche traduttore del Corano in italiano. «La vera novità degli ultimi tempi» puntualizza Isabella Camera d'Afflitto, allieva di Gabrieli e docente a Napoli, «è l'espandersi dell'insegnamento dell'arabo nelle facoltà, da Pavia a Lecce, da Bari a Palermo. Lo studio dell'arabo esce dal recinto dell'orientalistica. E da dieci anni, dopo il Nobel all'egiziano Nagib Mahfuz, c'è anche molto più interesse per la letteratura araba contemporanea. L'arabo non viene più solo affrontato dai filologi, bensì studiato come lingua viva. I miei studenti passano mesi a Tunisi, ad Amman o a Damasco per seguire corsi di lingua».

Accanto all'antica e gloriosa tradizione accademica dell'arabistica, si è sviluppato negli ultimi anni un filone sociologico, rappresentato da studiosi come Stefano Allievi (Padova), Khaled Fouad Allam (Trieste e Urbino) e Renzo Guolo (Trieste), che ha appena pubblicato da Laterza Xenofobi e xenofili. Gli italiani e l'Islam.
Un centro d'eccellenza per gli studi islamici è rappresentato dal Pontificio istituto di studi arabi e di islamistica, affidato ai missionari Padri Bianchi. Organizza corsi triennali, diretti soprattutto ai missionari laici e religiosi, e vanta una delle più importanti biblioteche al mondo per gli studi islamici. Ma proprio da due anni, subito dopo il crollo delle Twin Towers, ha varato anche una meno specialistica introduzione allo studio dell'Islam (130 ore da giugno a ottobre). Dice il preside, padre Justo Lacunza Balda, che in questi giorni pubblica per le edizioni San Paolo il libro-intervista Islam: aspetti e immagini del mondo musulmano: «Noto un interesse nuovo e profondo. Si vuole capire cosa sta dietro i più clamorosi fatti di cronaca. Noi rispondiamo senza chiusure e pregiudizi, anche con l'aiuto di docenti islamici. Facciamo sentire direttamente le voci del mondo islamico, mostrandone la multiformità e la polifonia. Cerchiamo di far capire che l'Islam è un universo complesso e anche contraddittorio».
Diamo retta a chi se ne intende: non disputiamo di crocifissi, ma studiamo l'arabo.

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I LORO LUMI? NEL MEDIOEVO

Un volume dedicato all'epoca più gloriosa dell'Islam

«Nella storia dell'Islam, nonostante la sua ovvia importanza, il fattore religioso non esaurisce tutto. Noi cerchiamo di dare importanza anche alla società civile, alle sue vicende e alle sue tensioni». Biancamaria Scarcia Amoretti, docente di islamistica alla Sapienza di Roma, è stata allieva di Alessandro Bausani. Un grande studioso che, partendo dallo studio della Persia musulmana, ha contribuito a far capire la ricchezza del mondo islamico. Sottolineando, per esempio, la presenza delle antiche tradizioni iraniche anche nella Persia islamizzata.
Ed è con lo spirito aperto ereditato dal maestro che ora Scarcia Amoretti cura un poderoso volume (900 pagine) dedicato al momento più glorioso della cultura islamica. È il secondo tomo del terzo volume dello Spazio letterario del Medioevo, pubblicato dall'editore Salerno, con contributi di studiosi europei e islamici.
«Per la prima volta» dice Scarcia Amoretti «una serie dedicata al Medioevo si apre alle culture circostanti. È importante per capire che il Medioevo ha avuto più facce, non contrapposte ma complementari. Il nostro volume, per esempio, darà spazio anche ai contributi delle comunità cristiane presenti nell'Islam. Un Islam che sapeva riconoscere e integrare anche gli altri, i diversi».

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