U.C.O.I.I.
Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia – ONLUS

Lettera aperta al Ministro dell’Interno

Nel Nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso

 

Gent.mo sig. Ministro,

da qualche giorno una parte della stampa nazionale si occupa di questioni che ci riguardano prendendo avvio da una Sua esternazione in merito al rapporto tra lo Stato e i musulmani in Italia. Nei commenti e nei materiali di contorno vi sono affermazioni tali da imporci una precisazione e una richiesta di chiarimento. Lo spirito di questo nostro intervento è tutto finalizzato ad una migliore comprensione e collaborazione nel superiore interesse della nostra comunità e del paese:

Sostanza e metodo

Nello scorso Gennaio salutammo con soddisfazione i Suoi propositi affidati ad un’altra intervista scrivendo che essi Le facevano onore e che da parte nostra li avremmo considerati "con la massima attenzione sia agli interessi della comunità islamica che a quelli dell’intera comunità nazionale" di cui siamo parte integrante e leale.

A distanza di quattro mesi, durante i quali abbiamo inutilmente tentato di attirare la Sua attenzione e quella di uno dei Suoi sottosegretari, ci troviamo ora a dover affrontare una reiterazione dei Suoi propositi con la stessa metodologia dell’esternazione mediatica ma appesantiti da alcune valutazioni di merito che, a nostro parere, non riflettono la realtà della comunità islamica in generale e la nostra in particolare.

Non ci proponiamo di entrare ora nel merito dello strumento Consulta che Ella ipotizza, non sapendo di cosa si tratti o di cosa dovrebbe dibattere attendiamo maggiori chiarimenti; ciò di cui vogliamo invece informarLa concerne la nostra realtà spirituale ed organizzativa che sembra destare serie e ingiustificate preoccupazioni in ambienti ad Ella vicini, almeno nella esternazione del Suo pensiero.

La materia del rapporto tra lo Stato italiano e le sue comunità religiose è regolata dalla Costituzione della Repubblica dagli art. 7 (Chiesa Cattolica) e 8 (altre comunità), è inoltre sovrana facoltà del Parlamento legiferare in merito con provvedimenti attuativi dei principi enunciati nella carta costituzionale.

Ogni altro strumento, seppur lecito, dovrebbe essere proposto e utilizzato con grande cautela ed equilibrio onde non stravolgere un dominio estremamente delicato e importantissimo per la vita dei cittadini e il loro pieno riconoscimento della laica imparzialità dello Stato nei confronti delle religioni.

Nel ribadirLe la nostra totale disponibilità alla definizione di un percorso che conduca alla formazione di un organismo che ponga correttamente le basi di questo rapporto, ci pare doveroso insistere su un punto di fondamentale importanza.

La dimensione "securitaria" che sembra falsare tutta la questione è solo uno degli aspetti del problema, di cui ci facciamo parte responsabile e che tuttavia non può occupare uno spazio incongruo. Il rapporto musulmani-Stato italiano è di ordine costituzionale, giuridico, amministrativo e non può ridursi ad un mero affare di controllo poliziesco delle associazioni islamiche.

L’Islam di Stato che qualcuno ipotizza, prendendo sciaguratamente esempio da alcune tra le più bieche dittature che affliggono i musulmani del mondo, ha prodotto simmetricamente un islam della clandestinità, saturo di risentimento e di odio, terreno di cultura di quel terrorismo che tutti quanti aborriamo.

Di questo Ella è certamente conscio e siamo convinti della Sua coerente fedeltà alla laicità dello Stato che verrebbe snaturata da impostazioni dirigiste in materia religiosa; per questo rimaniamo in fiduciosa attesa di un Sua autorevole precisazione in merito.

Una comunità e un culto

Noi musulmani siamo una comunità di oltre un milione di uomini e donne al cui interno si devono distinguere due sottoinsiemi: il primo è composto dai cittadini italiani, per nascita o naturalizzazione.

A questo gruppo dovrebbe essere rivolta la maggiore attenzione politico-istituzionale. Sono quei cinquantamila che ancora attendono venga dato loro adempimento costituzionale e lo Stato democratico li riconosca appieno dando attuazione all’art.3 della carta fondamentale che vieta ogni discriminazione in base, tra l’altro, alla religione.

Il secondo, numericamente ben più rilevante, è quello che comprende i nostro fratelli e sorelle stranieri, regolarmente residenti nel nostro paese, ai quali, forte dei suoi valori democratici, lo Stato riconosce fondamentali diritti di libertà di associazione e di culto.

Ma non è d'immigrazione che vogliamo parlare e tantomeno vogliamo tutelare la valenza etnica dei nostri correligionari.

Quello che ci interessa è il loro essere musulmani e il corollario di necessità e specificità cultuali e consuetudinrie che ne deriva.

Va de sé che la provenienza da un’area a maggioranza islamica non determina automaticamente una scelta religiosa e tanto meno una pratica del culto e tuttavia i dati da Lei più volte citati relativamente all’affluenza alla pratica religiosa comunitaria sono viziati da un’incomprensione della nostra realtà.

Il dato che circoscrive al 5-6 % del totale la frequentazione delle moschee da parte dei musulmani in Italia deve essere contestualizzato e letto nella sua valenza logistica e sociologica.

Nelle occasioni in cui la giornata del venerdì coincide con una festa civile o religiosa riconosciuta dalla Stato, l’affluenza alle moschee si moltiplica per 4 o per cinque e oltre il 20% dei musulmani adulti che insistono su un territorio si recano alla preghiera congregazionale; in occasione dei due ‘Aid ( le due feste) l’affluenza è comunque del 25% toccando il 35-40% se la giornata coincide con una domenica o altro giorno festivo.

Detto ciò, ed era una doverosa puntualizzazione, ci sembra di poter argomentare ulteriormente in merito all’attaccamento dei musulmani ai loro luoghi di culto e alle associazioni che continuativamente e strenuamente si fanno carico delle loro esigenze cultuali e consuetudinarie.

Oltre al culto, è nella trasmissione dei valori e dei principi islamici alle nuove generazioni, nelle pratiche matrimoniali, in quelle alimentari, fino a quelle cimiteriali che il ruolo delle associazioni islamiche presenti sul territorio della Repubblica si esplica in assoluta dedizione all’interesse dei musulmani e delle musulmane senza altra contropartita che la soddisfazione di servire Iddio servendo le Sue creature.

Nella fattispecie, i valori trasmessi sono quelli comuni ai nostri concittadini cristiani e laici, quei valori etici e comportamentali della solidarietà e del rispetto reciproco che risuonano ogni venerdì nella stragrande maggioranza dei sermoni degli imam.

Non sentiamo nessuna estraneità alla comunità nazionale ed è nostro dovere religioso e civile adoperarci con tutti i mezzi affinché il riconoscimento delle identità morali aiuti a superare le differenze cultuali e spirituali e la varietà religiosa venga da tutti apprezzata come una ricchezza della nazione.

Noi UCOII

Siamo la maggiore organizzazione islamica presente in Italia. Dal Trentino alla Sicilia, dall’estrema Liguria alle Puglie la maggioranza dei musulmani e delle musulmane trovano un riferimento nelle strutture associative che aderiscono alla nostra Unione.

Dalla fondazione nel 1990 a tutt’oggi, abbiamo espresso un volume impressionante di attività cultuale e culturale, di mediazione istituzionale e di solidarietà nei confronti dei più deboli tra i nostri confratelli e consorelle.

La nostra presenza nel campo del dialogo interreligioso e con tutta la società civile è testimoniata da centinaia di incontri, convegni, tavole rotonde ai quali hanno partecipato i nostri dirigenti nazionali e locali, riscuotendo sempre ampi consensi per la disponibilità, la profondità delle argomentazioni e soprattutto la moderazione dei toni.

Quando voci sguaiate e irrispettose della sensibilità religiosa cristiana si sono levate da elementi oggettivamente isolati della nostra comunità, non abbiamo esitato ad esprimerci con fermezza nei loro confronti condannandole senza mezzi termini convinti come siamo che il dialogo intrerreligioso passi per l'assoluto rispetto delle fedi e delle altrui tradizioni.

Ci siamo posti per primi e in modo organico il problema del rapporto complessivo con lo Stato di dirittto elaborando già dal 1990 una bozza d’intesa che abbiamo reso pubblica e che è stata la piattaforma della discussione politica e giuridica della relazione tra Islam e Stato in Italia.

La nostra preoccupazione di stabilire con lo Stato e i suoi organismi relazioni improntate alla trasparenza e alla ricerca di un percorso di approfondimento non ha avuto, fino ad ora, il riscontro sperato e tuttavia la nostra attitudine è rimasta di totale disponibilità, con lealtà e perseveranza.

Non si tratta per noi di occupare posizioni all’interno di organismi istituzionalizzati, ma piuttosto di contribuire, con tutte le nostre forze, al godimento di una pienezza di diritti civili per la comunità islamica e alla sicurezza dello Stato.

Siamo osservati speciali da parte delle forze dell’ordine e non ce ne dogliamo poiché da questa attenzione non può che derivare una maggiore e più puntuale conoscenza della nostra realtà, dei nostri comportamenti e dell’assoluta dedizione ai valori della democrazia e del mantenimento dell’ordine pubblico.

In questi anni difficili di tensioni e conflitti che hanno coinvolto popoli e nazioni dell’area islamica nel Mediterraneo, abbiamo mantenuto comportamenti cristallini e un’assoluta unicità di discorso sia verso l’interno della nostra comunità che nelle relazioni esterne. Abbiamo detto che la struttura associativa dell’Islam in Italia non poteva prestarsi a nessuna operazione mirante al sostegno o alla copertura di attività illegali comunque giustificate e abbiamo concretamente operato in tal senso.

In quanto musulmani non abbiamo nessun problema con la legge dello Stato e i comportamenti devianti imputati ad elementi riconducibili alla nostra comunità ricadono unicamente su chi se ne rende responsabile.

UCOII e Fratelli Musulmani

In una banalizzazione della nostra realtà culturale, ci si imputa il legame con i Fratelli Musulmani. È indubbio che tale pensiero influenzi molti musulmani nel mondo e anche in Italia; si tratta tuttavia di un’ipotesi riformista che si confronta con la realtà culturale e politica dei paesi in cui essa viene applicata, non diversamente da quanto avvenne in passato con la dottrina sociale della Chiesa o il pensiero progressista di matrice socialista.

Ciò che da questo pensiero si ricava è la necessità di un lavoro sociale teso alla costruzione di una società più giusta e solidale, il rifiuto della violenza come strumento di lotta politica e la condanna formale e sostanziale del terrorismo come mezzo di sovvertimento degli ordinamenti costituiti.

Alcuni, in una nostalgia di maccartismo, tentano di escludere i fautori di questa corrente ideale dal novero di coloro che potranno e dovranno partecipare all'elaborazione di una relazione costruttiva e duratura tra la comunità islamica in Italia e il suo Stato. Si tratta di una tentazione ingiusta e liberticida frutto di una scarsa conoscenza della nostra realtà e delle nostre aspirazioni, prodromo ad una radicalizzazione da tutti quanti temuta.

Imputarci una qualche contiguità con il terrorismo significa disconoscere il pensiero e la storia dell’UCOII e persino di quella dei Fratelli Musulmani, i cui dirigenti hanno dovuto soffrire una doppia persecuzione: da parte dei regimi dittatoriali che affliggono il mondo arabo e dei gruppi estremisti che li accusano di connivenza con il potere per il loro rifiuto della violenza. A questa coerenza si sono sacrificati alcuni insigni dirigenti del movimento pagando con la vita la loro scelta non violenta. Persino nel nostro paese velate o esplicite minacce sono state rivolte a nostri dirigenti per il loro atteggiamento di condanna della logica dello scontro frontale e del disprezzo della società italiana.

Signor Ministro,

ben al di là degli articoli di giornale, la questione del rapporto tra i musulmani e lo Stato è un nodo di fondamentale importanza per gli anni a venire e le generazioni future.

Nonostante avverse condizioni determinate dagli accadimenti internazionli e dall'attuale fase di crisi economica, la nostra comunità sta realizzando un processo di integrazione che ha dello straordinario. In pochi anni la sua crescita esponenziale, la sua demografia e il suo attivismo produttivo la identifica come una delle novità sociologicamente più rilevanti di questo periodo a cavallo tra due secoli.

Domani, se Iddio vorrà, la minaccia terrorista sarà solo un ricordo ma le conseguenze di una sua ipervalutazione potrebbero avere effetti prolungati nel tempo e viziare gravemente il prosiego della relazione tra i musulmani e il loro Stato.

Ci sforziamo da parte nostra di essere i migliori cittadini e di insegnarlo ai nostri fratelli e ai nostri figli, ci aspettiamo dallo Stato e da chi lo rappresenta politicamente, simmetrico sforzo di comprensione.

Roma 27.5.03

Per il consiglio direttivo dell'UCOII
Hamza Roberto Piccardo
segr. naz.le

Segnalato da Arab.it in data 30 Maggio, 2003 / www.arab.it

 

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