Scoppia
il caso al Jazeera, la "Cnn araba" che in questi giorni di guerra sta
rubando il piccolo schermo alla leggendaria emittente all news americana.
L'occidente scopre la televisione araba e s'interroga sulla tv del Qatar,
minuscolo stato proteso nel Golfo, che orienta le sue antenne verso
l'Afghanistan e rimanda le immagini del disastro in tutto il pianeta.
Al centro di invidie (arabe), tentativi di censura (americani) sospetti
(è al servizio di Bin Laden?), al Jazeera respinge con forza le accuse
e si proclama indipendente. "Ribadiamo la nostra autonomia e il rifiuto
di ogni strumentalizzazione. - ha affermato ieri lo sceicco Ahmed Bin
Tamel Al-Thani, presidente del consiglio di amministrazione della tv
- C'è chi vuole confondere i nostri successi identificandoli con la
realtà che raccontiamo". Intanto, Tele+ Digitale informa che al Jazeera
è disponibile sul suo bouquet, insieme ad altre emittenti arabe, in
chiaro. A proposito del telemondo sconosciuto del Qatar e dintorni,
abbiamo intervistato la massmediologa Donatella Della Ratta, autrice
del libro Media Oriente "modelli, strategie, tecnologie nelle nuove
televisioni arabe".
La tv di cui
tutti parlano è al centro di attacchi e polemiche. Prima da parte Usa
(Colin Powell) e ieri da parte di altri stati arabi. Ma con chi sta
veramente al Jazeera?
E' rilevante
che Bin Laden abbia trasmesso il suo video-messaggio proprio dai microfoni
della tv qatarense, ma la linea editoriale di al Jaeera è sempre stata
quella di ospitare voci "scomode" per tutti i paesi arabi interessati
a mantenere lo status quo. Le voci scomode sono state quelle degli algerini
legati al Fronte islamico esiliati in Europa senza più alcuna possibilità
di esprimersi sugli schermi del proprio paese; ma anche le opposizioni
democratiche ai regimi dei paesi arabi più conservatori. Lo stile di
al Jazeera dalla sua nascita è stato quello di presentare diverse opinioni,
cosa che avveniva raramente nelle altre tv arabe. Il genere tv su cui
ha puntato da subito è stata la formula all news: collegamenti in diretta
e continui aggiornamenti dai vari bureau nel mondo (a Londra, persino
a Ramallah in Palestina) e soprattutto talk show, genere mutuato dai
palinsesti occidentali. Questa è stata la vera rivoluzione della tv.
Una strategia editoriale di successo che puntava senza dubbio sul sensazionalismo,
sullo "scoop". Come fanno anche la Cnn e le tv italiane, come fa qualsiasi
network commerciale del mondo. In un recente articolo, Yosri Fouda,
direttore del bureau di Londra di al Jazeera e responsabile del fortunato
programma Top Secret sosteneva che la tv si distingue perché "mischia
il tribale e l'urbano, la sinistra con la destra, e il religioso con
il secolare".
Com'è riuscita
al Jazeera ad avere un suo spazio in un panorama arabo in cui tv e informazione
sono controllate?
Lo spazio nella
regione araba si è creato perché c'era un vuoto televisivo. Le tv hertziane
arabe, che per la maggior parte sono monopoli di stato, hanno sempre
considerato le news come una specie di bollettino aggiornato sull'attività
dell'esecutivo. In genere, sugli avvenimenti locali "scottanti" la tv
nazionale taceva mentre dava rilievo ai fatti internazionali o a quelli
dei paesi arabi vicini che, a seconda delle alleanze del momento, era
importante far conoscere al pubblico. Sembra paradossale, ma molti cittadini
in Libano furono informati della guerra civile grazie alle tv occidentali.
Quindi Jazeera colma un vuoto tv, in parte riempito da Mbc, la prima
emittente satellitare araba (capitale saudita sede a Londra) nata nel
'91 che però era generalista. La tv del Qatar approfitta non solo di
un vuoto, ma anche di un "pieno": il bombardamento informatico a cui
i pubblici arabi sono stati sottoposti e non solo durante la guerra
del Golfo (vedi la Cnn per tutte). Gli arabi, presi di mira dalla propaganda
inglese attraverso Bbc Arabic Service o ancora prima da quella fascista
di Radio Bari, avevano cominciato fin dagli anni Trenta a tendere l'orecchio
fuori di casa loro. In quanto alla "libertà" di cui gode al Jazeera,
il motivo principale è che gli stati del Golfo, soprattutto gli emirati
uniti, hanno sempre fatto una politica di intrattenimento più libera
rispetto a quella della vicina Arabia saudita dove il controllo della
classe religiosa wahabita arriva al punto di vietare i cinema pubblici.
Televisivamente è stata piuttosto Dubai Tv, la tv degli emirati arabi,
ad aprire la pista a un'offerta frizzante e spregiudicata. Il Qatar,
invece, ha inaugurato una sua tv solo alla fine degli anni 70. Ma con
il boom del petrolio anche questo staterello piccolissimo dove una grossa
fetta di popolazione è immigrata (soprattutto indiani e pakistani) ha
deciso di buttarsi nella produzione mediale e contare di più. La politica
dell'emiro qatarense che finanzia Jazeera (per statuto privata, trasmette
via satellite) è proprio quella di far sentire la voce di questo stato
nella scacchiera araba.
Quali televisioni
trasmettono nei paesi arabi?
Nei paesi arabi
trasmettono moltissime tv di tipologie diverse. Innanzitutto quelle
via etere di ciascun paese che in genere sono monopoli pubblici (ma
non sempre: in paesi come il Libano la tv privata è nata prima ancora
di quella pubblica e ci sono oltre 50 tv via etere) con in genere almeno
tre canali (di cui uno è sicuramente in inglese e francese). Poi ci
sono i canali occidentali ritrasmessi dal satellite in genere via Mmds
(una specie di cavo wireless) o presi direttamente dal satellite (Dth).
Poi ovviamente i canali arabi via satellite: i primi sono stati la saudita
Mbc con base a Londra e l'egiziana Esc dal Cairo, poi sono nati i bouquet
tematici e digitali: Art (canali di sport cinema musica etc) che trasmette
da Avezzano e Orbit (canali in arabo come Al Oula o versioni arabe di
canali internazionali come Disney Channel) da Roma. La cosa particolare
è che la ricerca di un'audience non solo interna è presente nella cultura
araba da sempre, da molto prima della pubblicizzata globalizzazione.
E questo perché traduce la tendenza all'unitarismo di tutto il mondo
arabo, a partire dalla comunità coranica fino alle teorie panarabe del
defunto presidente Nasser.
La Cnn ha fatto
un accordo con al Jazeera per avere in anticipo sulle altre tv americane
le immagini dall'Afghanistan, ma ora c'è chi considera la tv portavoce
di Bin Laden...
Non credo sia
vero. Bin Laden era apparso sugli schermi di Jazeera già nel '99 e non
l'avevamo notato. Se una tv trasmette un "comunicato" non vuol dire
che ne sposi le posizioni. La mia opinione è che Bin Laden ha usato
al Jazeera perché la tv si è guadagnata fiducia e credibilità nel corso
degli anni e ha dato spazio alle voci piu controverse del mondo arabo
e non.
Nei paesi arabi
stanno nascendo tv satellitari che si sono ricavate uno spazio di nicchia
tra le emittenti governative, che futuro hanno?
In questo momento
l'unico bilancio in attivo è al Jazeera. Molto dipenderà secondo me
dal piano strettamente collegato all'industria dei media: cioè a quanto
queste emittente sapranno ritagliarsi una fetta precisa di mercato piuttosto
che accontentare tutto il pubblico arabo.
Nel tuo libro
parli del programma "Dialogue with te West" che si propone di colmare
il divario tra Medio oriente e Occidente "lontani come due mondi a parte".
Ce ne puoi parlare? E ci sono altri esempi di questo tipo?
Questo programma
era stato lanciato all'inizio dellgli anni '90 da Mbc l'emittende di
Londra finanziata dai sauditi. Era molto innovativo, utilizzava la formula
del talk show per mettere a confronto due posizioni diverse, ma non
in termini urlati e di scontro, come avviene spesso su Al Jazeera, ma
in termini di dialogo e confronto. Una volta ci andò persino Clinton.
Lo scopo del programma era mostrare che l'Islam e la cultura occidentale
non erano poi così inconciliabili, che si poteva arrivare a parlare.
E' stata sicuramente un'operazione audace.
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Articolo pubblicato sul "il manifesto" del 10 ottobre 2001.
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