E' la resistenza la 'strada' che dobbiamo attraversare, non la «Road Map» *
 
 
‘Abd al-‘Azîz ar-Rantîsî .:. ash-Sha‘b (Il Popolo, Egitto) .:. 30.05.03
 
 
 
 
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Il fenomeno senz'altro più nobile che la storia dell'umanità abbia mai conosciuto è quello degli istishâdiyyûn [lett. «coloro che chiedono il martirio», n.d.t.], che con il loro sangue hanno affermato: «La patria è più cara del nostro sangue». Ed è anche come se dicessero: «Nella scelta tra la nostra esistenza e quella della nostra patria, affermiamo che prima di noi è la nostra patria a dover esistere».
Per questo affermiamo che gli istishâdiyyûn sono i soli in grado di difendere la patria.

Mentre espongo tale verità, getto uno sguardo sulla nostra terrificante realtà interrogandomi su cos'è che ci ha trascinato in questa difficile situazione. Esiste una possibilità di fuggire dalla 'prigione' del processo di pace? Oppure coloro che ci hanno imprigionato ne sono diventati essi stessi gli ostaggi tanto che spetta a noi di riscattarli sacrificando la patria e comprendendo il vicolo cieco in cui si trovano?

Abbiamo detto che la «Road Map» è una congiura ai danni della «questione palestinese» e la presenza palestinese, tuttavia c'è chi si acceca volutamente fino al punto che non vede la congiura, nega ciò che riescono a vedervi coloro che non sono accecati e non esita a negare radicalmente l'esistenza di tale congiura.

Allora, com'è che la Palestina è andata perduta? E come mai il combattente è diventato perseguitato ed accusato, mentre ciò che è illegittimo è libero ed onorato? E perché la «Road Map» è diventata un'equa soluzione? Com'è possibile che l'accettazione delle riserve di Sharon si sia trasformata in un'operazione che realizza maggiore equità? La lacerazione della comunità, la sua dispersione, la sua umiliazione e la perdita della sua dignità non si verificano forse a causa di una cospirazione internazionale ai suoi danni? L'allontanamento della comunità dalla sua religione non è il risultato dei miliardi di dollari forniti ai missionari, agli orientalisti e all'opera di occidentalizzazione?

Non necessariamente dobbiamo essere partecipi della congiura poter dire che certamente tra di noi c'è chi, mosso dalle sue ambizioni, ha distolto lo sguardo anzi ha chiuso gli occhi davanti a questi denari. Così come c'è tra noi chi, incurante, ha preso parte alla loro diffusione, e chi è stato un elemento centrale nel loro 'smercio'.

Non c'è bisogno di una grande intelligenza per capire il gioco sionista, poiché essi ripetono lo stesso metodo al punto da farlo diventare un modello; essi stabiliscono il piano e gli danno forma, o, al limite, è l'Amministrazione americana che gliela dà, in accordo con la visione sionista; poi, la parte americana lo propone come «piano americano», e i sionisti lo rifiutano, mentre l'Autorità palestinese si affretta ad accettarlo allo scopo di mettere in imbarazzo la parte sionista. In seguito, la parte sionista appone delle correzioni ed esprime delle riserve sul piano, mentre la parte americana lo accetta con la scusa che non vuole ostacolare il «processo di pace». La palla passa così ai palestinesi, che non trovano via di scampo dall'accettazione delle correzioni sioniste. Poi arriva il momento della messa in pratica, e la parte palestinese applica il piano come si era impegnata a fare, con completa abnegazione, però la parte sionista non concede niente con la scusa che quanto hanno fatto i palestinesi non è sufficiente. Così, la parte palestinese s'impegna a fare delle rinunce senza conseguire alcuna realizzazione per quanto ha offerto. Ma la disgrazia più grande è che l'Autorità non impara e non vuole imparare, cosicché la domanda è: perché?

L'esperienza dell'accordo di Wye Plantation - a mo' d'esempio - è ancora presente alla memoria. Nella proposta americana, dopo che gli Stati Uniti avevano esaminato le posizioni delle due parti, consisteva nella restituzione del 13% della superficie della Cisgiordania, in accordo con quel che desiderano i sionisti e contro quel che chiedeva l'Anp (40%). Malgrado questo l'Anp accettò, ma poi Netanyahu rifiutò, chiedendo la nota modifica sulla restituzione del 10+3%, accettata dall'Amministrazione americana. Pertanto, le trattative di Wye Plantation s'incentrarono sulla parte dell'accordo relativa alla sicurezza e sulle misure relative alla fase transitoria (l'aeroporto, il porto, i corridoi di sicurezza, i prigionieri, modifiche alla Costituzione palestinese, questioni economiche). Alla fine non restarono altro che le modifiche alla Costituzione e gli impegni sulla sicurezza, pagati col sangue del popolo palestinese, ma il giorno seguente alle modifiche apportate alla Costituzione, Netanyahu e Sharon sono venuti meno agli accordi, dopo il loro incontro con 'Arafât e Bill Clinton.

Si vedeva che Clinton era contrariato, furioso: la sua rabbia non si tradusse in pressioni sui sionisti, ma, in totale contraddizione con questo, Clinton esercitò enormi pressioni sulla parte palestinese nella 'prigione' di Camp David. In questo modo facemmo a pezzi la Costituzione, terminarono le trattative e fummo così noi ad incorrere nella rabbia di Bill Clinton.

La sceneggiata si ripete con la «Road Map», con Sharon che l'ha rifiutata (sia che l'abbia elaborata lui oppure gli Usa, in base alla sua visione) e che per accettarla ha posto come condizione una serie di riserve che la svuotano di ogni cosa, tranne che nella parte sulla sicurezza, nella quale l'Anp dichiara guerra alla Resistenza palestinese e al popolo palestinese, e riconosce lo «Stato d'Israele» fornendo piena legittimità alla profanazione del sangue dei musulmani di Palestina operata dai sionisti.

Gli arabi speravano che l'America facesse delle pressioni su Sharon affinché accettasse la «Road Map», ma qual è stata la risposta dell'America alle speranze degli arabi? Dice Powell: "Abbiamo detto agli israeliani che con l'inizio del lavoro su questo piano a poco a poco avremmo preso in considerazione le loro osservazioni"; la stessa cosa è affermata in un proclama della Casa Bianca: "Gli Stati Uniti concordano con il punto di vista del Governo israeliano e considerano che tali timori siano fondati, per cui lavoreranno al suo fianco seriamente per l'applicazione della «Road Map»". Un alto responsabile del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che accompagnava Powell in aereo ha detto che "l'impegno americano a prendere in considerazione le riserve israeliane non significa necessariamente che ogni richiesta israeliana verrà accolta".

Un responsabile sionista, in risposta ad una domanda dell'agenzia France Press ha affermato: "Domenica il Governo israeliano avrà una grande occasione per far conoscere la propria posizione sul testo, dopo i chiarimenti molto positivi resi noti dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti". E il giornale in lingua ebraica «Yediot Aharonot» riportava da fonti vicine a Sharon che Israele riconoscerà i principi enunciati dal piano, ma che questo non significherà che è d'accordo su ogni suo paragrafo". La parte sionista ha accettato la «Road Map» ed ha cominciato ad eseguirla prima di annunciarne un'accettazione condizionata: ecco così che il Ministro degli insediamenti del nemico ha annunciato un vasto progetto di colonie, cioè l'inizio graduale della costruzione di 3.500 unità abitative nella colonia di Maalet Edunim, vicina a Gerusalemme; inoltre ha compiuto una devastazione completa della città di Tulkarem, in applicazione della «Road Map» che profanerà il sangue dei musulmani e renderà sacro quello dei sionisti; essa chiede ai palestinesi di fermare le violenze, ma non chiede ai sionisti di fermare il terrorismo rappresentato dalle devastazioni, dai massacri, dagli omicidi, dagli incarceramenti, dall'assedio, dall'umiliazione e dalla rovina della vita dei palestinesi. Perciò torniamo alla domanda: "Perché alcuni si ostinano a non vedere l'irrefutabile verità?

A questa domanda non trovo risposta, tranne che coloro i quali fecero gli accordi di Oslo sono diventati ostaggi del processo di ricomposizione e non hanno che due scelte davanti a sé: accettare di mettere in pratica la richiesta che viene rivolta loro di sopprimere la Resistenza spaccando il fronte palestinese e rinunciando alla patria, oppure ritornare da dove sono venuti, poiché il rifiuto di eseguire ciò che viene dettato loro significherebbe la rinuncia al "processo di pace", grazie al quale sono entrati in Palestina. Se si trovassero in imbarazzo di fronte a questa duplice scelta la cosa sarebbe molto pericolosa, ma se sentissero il richiamo della ragione e del dovere essi dovrebbero optare per la Resistenza, poiché è la resistenza la 'strada' che dobbiamo attraversare, non la «Road Map».

* da www.aljazira.it

Articolo ripubblicato da Arab.it in data aprile 2004 

 

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