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Le
donne d'Algeri nei loro appartamenti (1834,
olio su tela; 180 x 229. Louvre, Parigi)
Grazie ad una solida rete di amicizie, era stato
concesso a Delacroix, in tutta segretezza e senza recare offesa
alla sensibilità musulmana, di entrare in un harem ad Algeri.
Egli poté così osservare e disegnare donne algerine nella loro
intimità. Questo dipinto, inno all'opulenza di quel mondo magico
e sensuale che rappresenta, forse, più un luogo dell'anima che
una realtà, colpisce per la sua serenità e il suo silenzio. L'ordine
ritmico delle forme e la luce soffusa donano grande senso di unità
all'opera che, tra gli oltre cento dipinti eseguiti, rappresenta
un quadro a sé: grandi critici come Théophile Gautier e Etienne
Délecluze rimangono esterrefatti dalle raffinate tinte dei tessuti
multicolori e Charles Baudelaire, anni dopo, definirà il quadro
"un piccolo poema d'interni", per la grande quiete e percezione
olfattiva che pare essere emanata.
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I fanatici
di Tangeri (1837-88, olio su tela, Istituto
d'Arte di Minneapolis)
"Questi fanatici, in certi periodi dell'anno,
si riuniscono fuori dalle città animandosi con la preghiera e
con le grida frenetiche, entrano in un vero e proprio stato di
ubriachezza e sparpagliandosi per le strade si abbandonano anche
ad atti pericolosi." Con queste parole, che bene sottolineano
un certo "distacco compositivo", Delacroix parla di questo suo
dipinto.
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Sultano
del Marocco (1845, olio su tela; 377 x 340.
Tolosa, Musée des Augustins)
Sullo sfondo le mura, in scena la cerimonia che,
per la sua solennità, appare bloccata e silenziosa. Scena all'aria
aperta, in piena luce calda con colori accesi e personaggi monumentali:
Delacroix, maestro dell'istantaneità, riesce a usare la matita
come una macchina fotografica che, oltre alle immagini, sa immortalare
le emozioni.
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A Meknez.
Il Mellah e Sidi Said (1832, acquerello, penna
e inchiostro. Parigi, Louvre, Cabinet des Dessins)
Queste pagine sono tratte dal cosiddetto Album
del Marocco, il grande album con diciotto acquerelli in cui Delacroix
documenta il suo viaggio in Oriente. Da questi schizzi bene si
può intuire come il pittore francese fosse attirato e colpito
da ogni cosa e come cercasse di riportare quanto più possibile
di questo popolo misterioso e 'antico'.
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Musici
ebrei di Mogador (1847, olio su tela 40x55
cm Parigi, Louvre)
Come molte altre opere che si riferiscono al viaggio
in Marocco, anche questa è ricostruita "a memoria" dopo diversi
anni dal ritorno in Francia. Il quadro rappresenta una "tranche
de vie", un momento di vita locale in cui i protagonisti si lasciano
andare ad atteggiamenti di routine. Il bagliore di luce che squarcia
il fondo nero accentua la stanchezza della donna e fa si' che
vengano a mancare le ambientazioni suggestive tipiche dei dipinti
datati nei primi anni dal suo ritorno.
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Arabo che sella il cavallo ( 1855, olio
su tela. The Hermitage, St. Petersburg, Russia)
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