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Mi C'era una volta nel tempo dei tempi, nella città di Bagdad,
un pescatore di nome Khalifa, un povero diavolo che non aveva mai preso
moglie nemmeno una volta in tutta la sua vita. Un giorno di buon mattino,
come era solito, si avviò con la sua rete verso il fiume per mettersi
a pescare prima che arrivassero gli altri pescatori. Giunto sulla riva,
si rimboccò gli abiti, scese in acqua e gettò la rete. La
gettò una prima e una seconda volta, e continuò a gettarla
fino a dieci volte, ma sempre la rete tornava su vuota. Allora Khalifa,
già stanco e avvilito, si rivolse a Dio dicendo: " Chiedo
perdono ad Allàh, non vi è altro dio all'infuori di Lui,
il Vivente, l'Eterno, e in Lui io mi pento. Ciò che Egli vuole
accade, ciò che Egli non vuole non accade! Il nostro pane dipende
da Allàh e se Allàh ce lo concede nessuno ce lo negherà,
e se Allàh ce lo nega nessuno ce lo concederà! "
Dopo questa invocazione, gettò in acqua la rete, nella speranza
che il Signore non volesse deluderlo. Rimase ad aspettare per circa un'ora,
riflettendo sui suoi casi disgraziati, quindi cominciò a tirare
la rete ed ecco sentì che era molto pesante allora, rendendo grazie
ad Allàh per quel giorno fortunato, si mise a tirare ancor più
alacremente, ma quando la rete fu tutta uscita dall'acqua si accorse che
conteneva soltanto una scimmia guercia e zoppa. Allora Khalifa esclamò:
" Non c'è maestà né potenza se non in Allàh!
Noi siamo creature di Allàh e a Lui dobbiamo tornare! Ma che significa
questo strazio e questa malasorte che mi perseguita? Evidentemente tutto
ciò è destinato dall'onnipotente Allàh! " Poi
prese la scimmia, la legò a un albero e, preso da terra un vincastro,
stava per frustarla pieno di rabbia quando Allàh diede la favella
alla scimmia la quale così gli disse: " Trattieni il braccio,
Khalifa, e non picchiarmi, ma lasciarmi legata a quest'albero e tu scendi
di nuovo in acqua e getta la tua rete confidando in Allàh, perché
egli ti darà il pane quotidiano. " Udendo ciò, Khalifa
tornò in acqua e gettò la rete e quando cominciò
a tirarla senti che era ancora più pesante di prima; così
non cessò di tirarla finché non l'ebbe trascinata tutta
a riva, ed ecco che dentro alla rete non c'erano pesci, ma c'era un altra
scimmia, che lo guardava sghignazzando con i denti davanti divisi, gli
occhi segnati dal kuhl e le mani tinte di henné, e intorno alla
vita portava un panno arrotolato.
Allora Khalifa esclamò: " Sia lode ad Allàh, che ha
cambiato i pesci del fiume in scimmie! " Poi si avvicinò alla
prima scimmia e le disse: " Ecco, disgraziata, il bel consiglio che
mi hai dato! Per causa tua ho pescato questa seconda scimmia. Con il buongiorno
che mi hai dato tu, guercia e zoppa, ecco come mi sono ridotto: stanco
morto e senza un soldo. " Così dicendo afferrò di nuovo
il giunco, sferzò tre volte l'aria e fece per frustare la scimmia
zoppa, quando questa invocò pietà e gli disse: " Ti
supplico nel nome di Allàh, risparmiami per amore di quest'altra
scimmia. Chiedi a lei quello di cui hai bisogno ed essa ti aiuterà
ad ottenerlo! " Allora Khalifa lasciò cadere la frusta e si
avvicinò alla seconda scimmia che gli disse: " Ascoltami bene,
Khalifa, se tu mi ubbidirai in tutto ciò che io ti dirò,
avrai per mezzo mio la ricchezza." " E che cosa dovrei fare?
" rispose Khalifa. " Lasciami legata sulla riva del fiume e
tu va' a gettare per una terza volta la rete; dopo ti dirò quello
che dovrai fare. " Cosi Khalifa si rimboccò ancora una volta
la veste, scese in acqua e gettò la rete e quando la ritirò
sentì che era molto pesante e, con fatica, riuscì a trarla
a riva. Ma quando la rete fu tutta fuori dell'acqua vide che conteneva
una terza scimmia; ma questa era di pelo rosso e portava alla vita un
panno azzurro e aveva anch'essa gli occhi segnati di kuhl e le mani macchiate
di henné. Quando Khalifa la vide, non poté trattenersi dall'esclamare':
" Sia gloria ad Allàh il grande! Sia esaltata la perfezione
del Signore del creato! Davvero questo è un giorno fortunato, e
non poteva essere diversamente perché è cominciato con il
brutto grugno di quella scimmia guercia, e il contenuto di una giornata,
come quello di un libro, si vede dal frontespizio! Oggi dev'essere la
giornata delle scimmie! Si vede che nel fiume non c'è rimasto un
solo pesce, perché tutto quello che si pesca sono solo scimmie!
" Poi si voltò verso la terza scimmia e le disse: " E
tu chi sei, disgraziata? " " Non mi conosci, o KhaIifa? "
rispose la scimmia. " Io no davvero! " Allora la scimmia gli
disse: " Ebbene, sappi che io sono la scimmia di Abu s-Saadàt,
il cambiavalute ebreo." " E che cosa fai per lui? " "
Ogni mattina gli do il buongiorno e quello guadagna cinque dinàr,
e quando viene il tramonto gli do la buona sera e quello guadagna altri
cinque dinàr! " Allora Khalifa indispettito si avvicinò
alla prima scimmia e le disse: " Lo vedi, buona a nulla, cosa fanno
le scimmie che si rispettano? Tutti hanno delle brave scimmie, e proprio
a me doveva capitare una creatura di malaugurio. Per causa tua oggi ho
faticato senza guadagnare nemmeno un quattrino! " Ciò detto
diede di piglio al giunco e fece per frustarla, ma la scimmia di Abu s-Saadàt
lo fermò dicendogli: " Getta via quella frusta, Khalifa, e
avvicinati, che ti dirò io quello che devi fare. " Allora
Khalifa gettò via la frusta, si avvicinò alla terza scimmia
e le disse: " Che cosa hai da darmi, o regina di tutte le scimmie?
" " Lasciaci qui sulla riva, me e le mie due compagne, e tu
prendi la rete, gettala nel fiume e qualunque cosa tu prenda portala da
me, e io ti dirò qualcosa che ti farà contento. " "
Ascolto e obbedisco! " E fece come gli era stato detto. Scese in
acqua, gettò la rete e quando la ritirò vide che c'era dentro
un bel pesce, con una testa grossa e una coda simile a un mestolo e con
due occhi che sembravano due monete d'oro. Khalifa si rallegrò
molto perché in vita sua non aveva mai pescato un pesce come quello.
Così lo prese e si avvicinò alla scimmia di Abu s-Saadàt,
la quale gli disse: " E adesso, Khalifa, che cosa intendi fare di
questo pesce e della tua scimmia?". " Per quello che riguarda
quella maledetta scimmia laggiù, ti dirò subito ciò
che intendo fare: me ne sbarazzerò e prenderò te al suo
posto e ogni giorno i darò da mangiare quello che vuoi. "
" Visto che hai scelto me, " rispose la scimmia, " ti darò
le opportune istruzioni affinché, se Allàh lo vuole, tu
possa rimettere in sesto la tua fortuna. Stammi bene a sentire: prendi
un pezzo di corda e legami a un albero, poi entra nel Tigri e spingiti
più avanti possibile, getta la rete e vi troverai dentro un pesce
come non ne hai mai visti, in vita tua. Portamelo e allora ti dirò
quello che dovrai fare in seguito. " Khalífa fece come gli
era stato ordinato, gettò la rete in mezzo al Tigri e pescò
un pesce-gatto, grosso come un agnello, ma così grosso che non
ne aveva mai visto l'eguale in vita sua. Allora lo prese e lo portò
alla scimmia la quale gli disse: " Raccogli dell'erba fresca, mettine
un pò in fondo ad un paniere, adagiaci sopra il pesce e coprilo
con il resto dell'erba. Poi lascia noi tre qui e tu, con il paniere in
testa, vattene a Bagdad. E se qualcuno ti domanda qualcosa per la strada
tu non rispondere, ma tira diritto fino a che non arriverai al suk dei
cambiavalute, in fondo al quale c'è la bottega di Abu s-Saadàt,
l'ebreo, sceicco dei cambiavalute, Lo vedrai seduto nella sua bottega,
con due forzieri davanti, uno. per l'oro e uno per l'argento, e circondato
da schiavi e servitori. Avvicinati a lui, mettigli la cesta sotto gli
occhi e digli: <0 Abu s-Saadàt, sappi che oggi sono andato a
pescare e ho gettato la rete nel tuo nome, e Allàh, l'Onnipotente,
mi ha fatto prendere questo pesce. > Lui ti chiederà: <Lo
hai mostrato ad altri prima che a me? > e tu rispondigli: < No,
per Allàh! > Allora l'ebreo prenderà il pesce e ti metterà
in mano un dinàr, ma tu rifiutalo e allora quello ti metterà
in mano due dinàr e tu rifiuta anche quelli, e rifiuta qualsiasi
cosa egli ti offrirà, anche se arrivasse a pagarti quel pesce a
peso d'oro. Alla fine Abu s-Saadàt ti dirà: <Insomma,
dimmi che cosa vuoi.> E tu gli risponderai: < Per Allàh,
venderò questo pesce solo in cambio di poche parole!> <E
quali sono queste parole?> ti chiederà il cambiavalute; e tu
rispondigli: <Alzati e di':Siatemi tutti testimoni, o voi che siete
qui presenti, che io do a Khalifa il pescatore la mia scimmia in cambio
della sua scimmia, e che baratto la mia sorte con, la sua sorte, la mia
fortuna con la sua fortuna.' Questo è il prezzo del pesce perché
io non ho bisogno di denaro.> Se farai così, ogni giorno io
ti darò il buon giorno e la buona sera e tu guadagnerai dieci dinàr
di oro buono, mentre questa scimmia zoppa e guercia darà il buon
giorno all'ebreo e Allàh gli manderà ogni giorno tasse da
pagare finché non sarà ridotto in miseria. Da' quindi ascolto
alle mie parole e ti troverai bene. " " Accetto il tuo consiglio,
o regina di tutte le scimmie, " rispose Khalifa, " ma dimmi:
di questa disgraziata che cosa debbo farne? " " Lasciala andare
in acqua, e lo stesso fa'con me. " " Ascolto e obbedisco. "
E così Khalifa fece tutto a puntino come gli era stato ordinato:
mise il pesce nella cesta e lo coprì con l'erba, poi si mise la
cesta in capo e se ne andò a Bagdad. E lungo la strada ogni tanto
qualcuno gli domandava: " 0 Khalifa, che cosa porti là dentro?
" Ma Khalifa non si voltò né rispose a nessuno fino
a che giunse nel suk dei cambiavalute, e arrivato davanti alla bottega
di Abu s-Saadàt vide l'ebreo con i due forzieri dell'oro e dell'argento,
circondato da servi e schiavi e così maestoso che sembrava il re
del Khorasàtì.' Quando l'ebreo vide Khalifa, lo chiamò
a sè e gli disse: " Benvenuto, Khalifa! Che cosa ti è
successo? Qualcuno ti ha fatto torto? Se è così, dimmelo,
che andremo insieme dal capo della polizia e ti farò rendere giustizia.
" E Khalifa rispose: " Nulla di tutto questo, o capo degli ebrei,
nessuno mi ha fatto torto. Ma io sono venuto da te perché questa
mattina mi sono alzato presto, sono uscito di casa e sono andato al fiume,
dove ho gettato la rete invocando il tuo nome, e Allàh mi ha mandato
questo pesce. " E così dicendo, tolse l'erba che copriva il
paniere e mostrò il pesce all'ebreo, il quale ne rimase molto ammirato
ed esclamò: " Per la Torah, questa notte ho sognato la Vergine
i che mi diceva: < 0 Abu s-Saadàt, sappi che ti ho mandato un
bel regalo! > Senza dubbio, si trattava di questo pesce." Poi,
voltandosi verso Khalifa, aggiunse: " Dimmi, nessuno lo ha visto
all'infuori di me? " " No, per Allàh e per Abu Bakr il
veridico, nessuno lo ha visto all'infuori di te! " Allora l'ebreo
chiamò un servo e gli disse: " Prendi questo pesce, portalo
a casa e di' a Saada che lo prepari e lo frigga; quando avrò finito
di sbrigare i miei affari, anch'io verrò a casa. "
Il servo prese il pesce e si avviò verso la casa dell'ebreo, mentre
quest'ultimo mise in mano a Khalifa una moneta d'oro. Khalifa la prese
ed esclamò: " Sia lode al Signore del creato. " E stava
per andarsene quando ricordò quello che gli aveva detto la scimmia.
Così tornò indietro, restituì la moneta all'ebreo
e gli disse: " Riprenditi il tuo denaro e ridammi il pesce. Vuoi
forse prenderti giuoco della gente? " Allora l'ebreo gli offrì
due dinàr e Khalifa gli disse: " Basta con gli scherzi e ridammi
il pesce. Chi ti ha detto che voglio venderlo a questo prezzo? "
Allora l'ebreo gli offrì altri due dinàr, ma Khalifa rifiutò
di nuovo. E quello gli offrì ancora due dinàr, dicendogli:
" Prendi questi sette dinàr per il pesce e non essere troppo
avido. " Khalifa, che non aveva mai visto tanto denaro insieme in
vita sua, prese i sette dinàr e se ne andò lodando il signore.
Ma appena messo piede fuori della bottega di Abu s-Saadàt ricordò
le parole della scimmia e subito tornò indietro e gettò
il denaro ai piedi dell'ebreo. Questi allora gli disse: " Si può
sapere che ti piglia, o Khalifa? Vuoi forse argento invece di oro? "
e Khalifa rispose: " Non voglio né dirham né dinàr;
voglio solo che tu mi dia indietro il mio pesce. " Udendo ciò
l'ebreo si arrabbiò e cominciò a strillare: " 0 pescatore,
tu mi porti un pesce che non vale mezzo dinàr e io te ne do sette,
e tu non sei contento! Sei forse impazzito? Dimmi un po': a quanto vorresti
venderlo? " E Khalifa rispose: " Non te lo venderò né
per oro né per argento, ma solo in cambio di due parole. "
Quando l'ebreo sentì parlare delle " due parole", gli
occhi gli uscirono fuori dalle orbite e, col fiato mozzo per la rabbia,
si mise a strillare: " Cane d'un musulmano, è così
che la intendi? Vorresti farmi abiurare la mia fede in cambio di un pesce?
" Poi, chiamando i servi, ordinò loro: " Afferrate questo
gaglioffo e dategli tante bastonate da rompergli le ossa. " Quelli
afferrarono Khalifa e cominciarono a bastonarlo fino a che il pescatore
non cadde a terra. Allora l'ebreo, che nel frattempo si era placato, disse:
" Basta così, lasciatelo andare. " Khalifa si rialzò
in piedi come se niente fosse stato, e Abu s-Saadàt gli disse:
" Dal momento che oggi non hai avuto nulla di buono da noi, dimmi
qual è il prezzo che vuoi per questo pesce e io te lo darò.
" Rispose Khalifa: " Non preoccuparti per le botte, o signore,
perché io sono capace di digerire la razione di dieci somari. "
A questa uscita l'ebreo si mise a ridere e disse: " Allàh
sia su di te. Dimmi quello che vuoi, e io ti giuro sulla mia fede che
te lo darò! " Allora il pescatore rispose: " Io voglio
solo questo: che tu ti alzi in piedi e dica: <Siatemi testimoni, o
voi tutti che siete qui presenti: io scambio la mia scimmia con la scimmia
di Khalifa il pescatore, e la mia sorte nel mondo con la sua sorte, e
la mia fortuna con la sua fortuna. > " " Se è solo
questo che vuoi, " fece l'ebreo, pensando che Khalifa fosse un po'
tocco, " ti accontento subito. " Ciò detto, si alzò
in piedi e fece quanto gli aveva chiesto Khalifa; dopo di che, voltatosi
verso il pescatore gli disse: " C'è altro che vuoi da me?
" " No, " rispose Khalifa. " E allora, " concluse
l'ebreo, " va' in pace! " Così Khalifa prese la cesta
e la rete e se ne tornò direttamente al fiume, dove gettò
la rete e la ritirò che era piena di pesci di ogni specie. Ed ecco
che poco dopo arrivò una donna con un piatto e comprò un
pesce pagandolo un dinàr, e dopo di lei arrivò un eunuco
ed anch'egli comprò un dinàr di pesce, e andò avanti
così fino a che Khalifa non ebbe venduto per dieci dinàr
di pesci. E lo stesso accadde ogni giorno per dieci, giorni, sicché
alla fine di questo tempo Khalifa si trovò ad aver guadagnato cento
dinàr. Ora bisogna sapere che questo povero Khalifa abitava in
una casa situata nel passaggio dei mercanti, e una sera, mentre se ne
stava a casa sua masticando l'hashìsh, gli venne fatto di dire
fra sè e sè: " 0 Khalifa, la gente ti conosce per un
poveraccio, e tu adesso possiedi cento dinàr d'oro. Se l'Emiro
dei credenti Harùn ar-Rashid, viene a sapere questo fatto, è
probable che abbia bisogno di denaro, e allora ti manderà a chiamare
e ti dirà: <Ho saputo che tu hai cento dinàr, e siccome
io ho bisogno di denaro prestami i tuoi soldi. > E allora io gli risponderò
: < 0 Emiro dei credenti, io sono un poveraccio,, e chiunque ti ha
detto che possiedo cento dinàr ha mentito, io non ho nemmeno un
soldo. > Allora l'Emiro dei credenti si adirerà con me e chiamerà
il capo della polizia dicendogli: < 0 capo della polizia, fagli strappare
di dosso gli abiti e fallo frustare fino a che non avrà confessato
di possedere cento dinàr. > Perciò, dato che certamente
questa sarà la mia sorte, farò bene a cominciare a frustarmi
da solo per abituarmi alla tortura. " Ciò detto, consigliato
dai fumi dell'hashìsh, Khalifa si alzò in piedi, si spogliò
e presa una frusta e un cuscino di cuoio cominciò a menare gran
colpi dandone alternativamente uno sul cuscino e uno addosso a se stesso.
E mentre così faceva gridava: " Ahi! Ahi! Per Allàh,
è una menzogna, o signore! Ti hanno mentito sul conto mio, perché
io sono un povero pescatore e non possiedo nulla al mondo! " Le grida
di Khalifa e gli schiocchi delle frustate risuonavano alti nella notte,
si che i mercanti, i quali abitavano nel vicinato, cominciarono a chiedersi:
" Che succede mai a quel pover'uomo che grida così? E che
significa questo rumore? Sembra come se dei banditi gli siano piombati
addosso e lo stiano tormentando. " Così si affrettarono tutti
a uscire di casa e si avvicinarono alla porta di Khalifa, ma la trovarono
chiusa col lucchetto; allora si dissero: " Forse i banditi sono entrati
dalla parte di dietro. Sarà meglio che saliamo sul tetto. "
Così fecero e, passando attraverso un lucernario, entrarono in
casa di Khalifa e videro il pescatore, tutto nudo, che si stava frustando
da solo. Allora gli chiesero: " Che cosa ti piglia, o Khalifa? "
E quelle rispose: " Sappiate o gente, che io ho guadagnato un po'
di dinàr e ho paura che la cosa venga riferita al Principe dei
credenti Harùn ar-Rashìd, e che egli mi mandi a chiamare
e mi chieda il mio denaro; se facesse ciò, io negherei e temo che
davanti al mio diniego egli mi faccia torturare; cosi ho cominciato a
torturarmi da solo per abituarmi alla sorte che mi attende. " Udendo
ciò, i mercanti si misero a ridere e gli dissero: " Smettila
con queste pazzie! Che Allàh possa non benedire te e i soldi che
hai guadagnato! Tu ci hai disturbato per niente, questa notte, e hai turbato
i nostri cuori! " Così Khalifa smise di frustarsi, si sdraiò
sul letto e prese sonno.
Venuta la mattina, si alzò e si accinse ad uscire per andare a
lavorare, ma il pensiero gli tornava sempre ai suoi cento dinàr;
allora si disse: " Se li lascio a casa, i ladri me li ruberanno;
se me li metto nella cintura, qualcuno forse mi vedrà, mi aspetterà
in un luogo solitario e mi ucciderà per portarmeli via. Ma io ho
trovato qualcosa che farà al caso mio. " Ciò detto
si cucì una tasca all'interno della veste; prese i cento dinàr,
li mise in una borsa e ripose la borsa nella tasca. Ciò fatto,
prese la cesta, la rete e un bastone e se ne andò al Tigri dove
cominciò a gettare la rete, ma senza prendere nulla. E dopo ogni
volta che gettava la rete e non prendeva nulla, si spostava per trovare
un posto migliore.
Ma continuava a non prendere nulla e, andando avanti di questo passo,
arrivò che si era allontanato dalla città di circa mezza
giornata di cammino. Allora Khalifa si disse: " Per Allàh,
getterò ancora una volta la rete e sarà quel che vuole essere!
" E dato di piglio alla rete la scagliò in acqua con tanta
forza che la borsa contenente i cento dinàr schizzò via
dalla tasca e andò a cadere in mezzo al fiume e la corrente se
la portò. Quando vide ciò, Khalifa lasciò andare
la rete, si tolse gli abiti di dosso e cominciò a tuffarsi nella
speranza di recuperare la borsa. Dopo essersi tuffato inutilmente cento
volte, ormai stremato e senza fiato, tornò a riva, ma trovò
solo il bastone, la rete e la cesta: degli abiti non v'era più
traccia. Così si avvolse la rete intorno al corpo, prese il bastone
e la cesta e cominciò a camminare traballando, avanti e indietro,
tutto sporco e polveroso che sembrava proprio un diavolo ribelle liberato
dalla prigione di Salomone.'
Questo per quanto riguarda il pescatore Khalifa, ma adesso veniamo al
califfo Harùn ar-Rashìd, il quale aveva un amico di nome
Ibn al-Qirnàs, noto a tutti i mercanti e sensali per essere il
fornitore del califfo; perciò in Bagdad non si vendeva nulla di
prezioso o di raro senza che prima venisse mostrato a Ibn al-Qirnàs.
E un giorno che questi se ne stava nella sua bottega ecco che si presentò
davanti a lui il capo dei mediatori insieme con una giovane schiava così
bella, piacente e ben proporzionata che un'altra eguale a lei non se ne
era mai vista. Inoltre questa fanciulla era anche versata in tutte le
arti e le scienze, sapeva comporre versi e suonare ogni strumento musicale.
Quando Ibn alQirnàs la ebbe veduta, la comprò per cinquemila
dinàr d'oro, le mise addosso abiti per altri mille dinàr
di valore, dopo di che la condusse dal Principe dei credenti, con il quale
la fanciulla passò la notte.
La mattina dopo il califfo si dichiarò pienamente soddisfatto,
in quanto aveva constatato che, fra le altre cose, la fanciulla era veramente
versata in ogni arte e in ogni scienza. Perciò il califfo mandò
a chiamare Ibn alQirnàs il gioielliere e gli fece pagare dal suo
tesoro privato la somma di diecimila dinàr quale prezzo della fanciulla,
il cui nome era Qut al-Qulùb. Tali e tante erano le grazie di costei,
che il cuore dell'Emiro dei credenti fu preso da questa schiava, ed egli
cominciò a trascurare la sua consorte, la signora Zubaida bint
al-Qasim, e tutte le favorite, e per un intero mese non fece altro che
rimanere accanto a Qut al-Qulùb senza mai allontanarsi da lei,
salvo che per la preghiera del venerdì, terminata la quale, però,
tornava in fretta dalla fanciulla. Questa violenta passione del califfo
cominciò a preoccupare i dignitari dello stato, i quali se ne lamentarono
con il visir Giàafar el-Barmaki.
Questi aspettò un venerdì e quando il califfo si recò
alla Grande Moschea per la preghiera si intrattenne con lui narrandogli
le avventure amorose che gli erano capitate, sperando che in tal modo
il califfo fosse indotto ad aprirgli l'animo suo. Infatti, quando Giàafar
ebbe terminato di parlare, il califfo disse: " Per Allàh,
o Giàafar, questo amore io non l'ho cercato, ma mi è capitato
senza che lo volessi ed ora il mio cuore è talmente preso che nemmeno
io so che cosa fare! " " 0 Emiro dei credenti, " gli rispose
il visir Giàafar, " tu sai che questa fanciulla, Qut al-Qulùb,
è ormai a tua disposizione e sai anche che l'animo non brama quello
che la mano possiede.
Inoltre tu sai che ciò da cui maggiormente traggono vanto principi
e re è la caccia e l'esercizio con le armi. Applicati dunque a
queste cose acciocché tu possa distrarti da lei e dimenticarla.
" " Dici bene, o Giàafar " rispose il califfo, "
andremo subito a caccia senza frapporre alcun indugio. " Così,
appena terminate le preghiere del venerdì, il califfo il visir
montarono sulle loro mule e, seguiti dalle guardie del corpo, uscirono
dalla città. Dopo che ebbero cavalcato per un bel pezzo, il caldo
cominciò a farsi sentire e Harùn ar-Rashìd disse
al suo visir: " 0 Giàafar, sento di avere una gran sete. "
Poi, guardandosi in giro per vedere se c'era nei pressi una casa o un
pozzo, scorse in cima a una collinetta una figura; allora chiese a Giàafar:
" Vedi anche tu quello che vedo io? " " Sì, o Emiro
dei credenti. Vedo una figura incerta su quella collinetta; si tratta
forse del custode di un giardino o di un orto e comunque sia non dovrebbe
mancare acqua da quelle parti. Farò una corsa fin laggiù
e ti porterò da bere. " Ma il califfo disse: " La mia
mula è più veloce della tua. Perciò tu resta qui
con le guardie. Io farò un salto a bere e tornerò subito".
E detto questo spronò la mula, che partì, veloce come il
vento o come una goccia di pioggia e in un batter d'occhio raggiunse la
collinetta, dove il califfo scopri che la figura, intravista da lontano,
altri non era che Khalifa il pescatore, mezzo nudo e avvolto nella rete,
che camminava avanti e indietro, simile ad un leone in gabbia, con gli
occhi stralunati e senza sapere quel che si facesse.
Harùn ar-Rashìd lo salutò e Khalifa rispose al saluto.
Poi il califfo gli chiese: " Brav'uomo, hai un po' d'acqua? "
" Sei forse cieco o pazzo? " rispose Khalifa. " Vai al
fiume Tigri, che è proprio dietro questa collinetta. " Così
Harùn ar-Rashìd girò intorno alla collinetta e scese
al fiume dove si dissetò e abbeverò la mula; quindi tornò
verso Khalifa al quale disse: " Cos'è che ti tormenta, brav'uomo?
e qual è il tuo mestiere? " Allora il pescatore si mise a
gridare: " Questa è una domanda ancora più cretina
di quella dell'acqua! Non vedi che ho indosso gli attrezzi del mio mestiere?
" " Sei forse un pescatore? " " Sì. "
Allora Harùn ar-Rashìd gli chiese: " E dove sono la
gabbana, la fascia e il giubbotto? " Ora, questi erano proprio i
capi di vestiario che erano stati rubati a Khalifa; così questi,
quando sentì il califfo che glieli nominava uno per uno, si ficcò
in capo che quello fosse l'uomo che glieli aveva rubati. Perciò
con un balzo; afferrò la briglia della mula dicendo: " Ascoltami
bene, ridammi i miei abiti e smettila di scherzare. " " Per
Allàh, " rispose Harùn ar-Rashìd, " io
non ho visto i tuoi abiti e non ne so nulla! " Ora bisogna sapere
che il califfo aveva le guance paffute e la bocca piccola. Perciò
Khalifa gli disse: " Se non sbaglio tu di mestiere fai il cantante
o il pifferaio, è così? Però ridammi i miei abiti
senza tante storie, altrimenti con questo bastone te ne darò tante
da farti pisciare sotto. " Quando ar-Rashìd vide il bastone
in mano al pescatore pensò: " Per Allàh, credo che
non ce la farei a reggere nemmeno una mezza bastonata di questo forsennato!
" Perciò si sfilò la tunica di raso finissimo che aveva
indosso e la porse a Khalifa dicendogli: " Brav'uomo, prendi questa
in cambio dei tuoi abiti. " Khalifa si rigirò fra le mani
la veste dal califfo e disse: " I miei vestiti valgono dieci volte
questi tuoi stracci. " " Ebbene, " fece il califfo, "
prendi intanto questo mentre io vado a cercare i tuoi abiti. " Così
Khalifa indossò la tunica, ma vide che per lui era troppo lunga;
allora prese un coltello che teneva nella cesta e tagliò circa
un terzo dell'abito in modo che non gli scendesse oltre le ginocchia.
Poi si voltò verso ar-Rashid e gli disse: " Allàh sia
su di te, o pifferaio. Dimmi un po', quanto ti paga al mese il tuo padrone
per suonare il piffero? " " Il mio salario è di dieci
dinàr al mese, " rispose il califfo. " Per Allàh,
povero amico mio, mi dispiace per te! Pensa che io guadagno dieci dinàr
al giorno! Che ne diresti di metterti al mio servizio? T'insegnerei l'arte
di pescare e dividerei con te i miei guadagni. Così tu potresti
guadagnare cinque dinàr al giorno, saresti il mio servo e io ti
proteggerei contro il tuo vecchio padrone con questa mazza. " "
Accetto, " rispose ar-Rashìd. " E allora, " disse
Khalifa, " scendi dalla mula e legala a un albero; ce ne serviremo
dopo per trasportare il pesce; adesso vieni con me, che t'insegnerò
subito a pescare. " Così Harùn ar-Rashìd smontò
dalla mula, la legò all'albero, si rimboccò gli abiti e
seguì fino al fiume Khalifa il quale gli disse: " Adesso sta'
bene attento, pifferaio: afferra la rete così, tenendola distesa
sul braccio in questo modo, e gettala nel Tigri, così. " Allora
il califfo, facendo come gli era stato insegnato, prese la rete e la scagliò
nel fiume; poi fece per tirarla, ma la rete non veniva. Allora Khalifa
andò in suo aiuto e cominciò a tirare la rete anche lui;
ma per quanto tirassero la rete non veniva. Vedendo ciò, il pescatore
disse: " 0 pifferaio del malaugurio, prima ho preso la tua veste
in cambio dei miei abiti, ma questa volta, se mi hai strappato la rete,
non solo ti prenderò la mula ma ti bastonerò fino a che
non ti piscerai sotto. " " Proviamo ancora a tirare insieme,
" disse ar-Rashìd.. E così si misero entrambi a tirare
e alla fine, dopo molta fatica, riuscirono a portare la rete a riva e
videro che era piena di pesci di ogni specie e di ogni colore. Allora
Khalifa disse ad Harùn ar-Rashìd: " Per Allàh,
o pifferaio, tu mi sei antipatico, però devo dirti che se ti applicherai
alla pesca diventerai un buon pescatore. Ma adesso monta sul tuo ciuco
e vattene al mercato a prendere un paio di ceste; io rimarrò qui
a guardare il pesce fino a che tu ritorni. Poi caricheremo le ceste sul
tuo somaro. lo ho la bilancia e i pesi e tutto quello che occorre; così
tu non dovrai fare altro che reggermi la bilancia e incassare i quattrini
perché, se non mi sbaglio, qui ci sono per lo meno venti dinàr
di pesci. Perciò sbrigati a portare queste ceste e non fermarti
per la strada " " Ascolto e obbedisco, " rispose il califfo
e, montato a cavallo della mula, si allontanò molto divertito per
l'avventura che gli era capitata con il pescatore. E stava ancora ridendo
quando tornò sul posto dove lo aspettava il visir Giàafar,
il quale gli disse: " Come mai, o Emiro dei credenti, ti vedo così
di buon umore? Hai forse trovato laggiù un giardino dove l'animo
tuo si è ricreato? " A queste parole Harùn ar-Rashìd
si mise a ridere ancora più forte e disse: " Mi è capitata
un'avventura straordinaria e davvero divertente. " E raccontò
al visir tutto quanto gli era capitato con il pescatore. " Per Allàh,o
Emiro dei credenti, " gli disse Giàafar, " e pensare
che io avevo proprio in animo di chiederti quella tunica! Vuol dire che
andrò subito da quel pescatore e gliela ricomprerò. "
" E' inutile che tu lo faccia, o mio visir, " rispose il califfo,
" perché ormai quello ne ha tagliato via un buon terzo. Piuttosto
devo dirti che ho le reni stroncate perché ho pescato una gran
quantità di pesce, e adesso il mio padrone Khalifa è rimasto
lì a sorvegliarlo e aspetta che io ritorni dal mercato con le ceste.
Poi io e lui dovremo andare a vendere il pesce e ci divideremo i guadagni.
" Allora Giàafar disse: " 0 Emiro dei credenti, ti procurerò
io un compratore per il tuo pesce. " " Sull'onore dei miei antenati,
" esclamò il califfo, " ti dico che chiunque mi porterà
uno dei pesci che sono davanti al pescatore Khalifa riceverà da
me un dinàr d'oro. " Udito ciò, Giàafar passò
parola fra le guardie del seguito, le quali subito si alzarono e si affrettarono
verso la riva del fiume.
Ed ecco che, mentre Khalifa stava aspettando che il califfo tornasse con
le ceste, i soldati della guardia si precipitarono su di lui come avvoltoi
e presero i pesci avvolgendoli in fazzoletti ricamati e picchiandosi l'un
l'altro per afferrarne il più possibile. Allora Khalifa esclamò:
" Senza dubbio questi devono essere pesci del paradiso. " E
afferrato un pesce per mano scappò dentro l'acqua dicendo: "
0 Allàh, per la virtù di questi pesci, fa' che il tuo servo
pifferaio, il mio socio, arrivi in questo momento. " Ed ecco che
gli comparve davanti il capo di tutti gli schiavi del califfo, il quale
era arrivato per ultimo perché il suo cavallo si era fermato a
orinare lungo la strada. Quando il capo degli schiavi arrivò sul
posto e vide che non erano rimasti più pesci, cominciò a
guardare a destra e a sinistra, e alla fine scorse Khalifa in mezzo all'acqua
con i pesci in mano. Così gli gridò: " Vieni qui, pescatore!
" Ma Khalifa rispose: " Vattene e non fare il prepotente! "
Allora l'eunuco si tuffò in acqua e gli si avvicinò dicendogli:
" Dammi quei pesci e io ti pagherò il loro prezzo. "
" T'ha dato di volta il cervello? " fece Khalifa. " Non
ho alcuna intenzione di venderli. " Udendo ciò, l'eunuco impugnò
il bastone e fece per darlo addosso a Khalifa, il quale si mise a gridare:
" Fermo, fermo! Serve di più la generosità che il bastone.
" E detto questo gettò i due pesci all'eunuco, il quale li
avvolse in un fazzoletto, dopo di che si frugò in tasca per cercare
il denaro, ma si accorse di non avere su di sè nemmeno un dìrham.
Allora disse a Khalifa: " 0 pescatore, sei davvero disgraziato, perché
ti giuro su Allàh che non ho addosso nemmeno una moneta d'argento.
Ma vieni domani al palazzo del califfo e chiedi dell'eunuco Sandal; se
farai quel che ti ho detto, avrai quanto ti spetta e potrai andare per
la tua strada. " " Questo giorno è proprio benedetto!
" disse Khalifa. " Ed è proprio vero che il buon giorno
si vede dal mattino. " Dopo di che, si mise la rete sulle spalle
e se ne tornò verso Bagdad. E mentre passava per le strade la gente,
vedendogli addosso la veste del califfo, lo guardava con gli occhi sbarrati.
Finalmente giunse all'ingresso del suo quartiere, dove c'era la bottega
del sarto del califfo. Questi, come scorse Khalifa con indosso un capo
del guardaroba reale, lo apostrofò così: " 0 Khalifa,
chi ti ha dato quell'abito? " " E a te che cosa importa? "
rispose il pescatore. " L'ho avuto da un tale al quale ho insegnato
a pescare e che perciò è diventato mio servo. Avrei dovuto
tagliargli una mano perché mi aveva rubato gli abiti, ma gli ho
fatto grazia e allora lui mi ha dato in cambio questa tunica. " Cosi
il sarto capì che il califfo si era imbattuto nel pescatore e che
per burla gli aveva regalato la sua tunica.
Ma ora torniamo ai casi del califfo Harùn ar-Rashìd, il
quale se ne era andato a caccia e a pesca per dimenticare la sua schiava
Qut al-Qulùb. Quando la signora Zubaida ebbe notizia di questa
fanciulla e dell'amore del califfo per lei, si sentì mordere il
cuore dalla gelosia, come capita soprattutto alle donne, così che
rifiutò ogni cibo ed ogni bevanda e si astenne dal gustare le delizie
del sonno, mentre in cuor suo attendeva il giorno in cui il califfo si
fosse assentato dal palazzo per poter tendere un tranello a Qut al-Qulùb.
Cosi quel venerdì, quando seppe che il califfo era andato a caccia
e a pesca, ordinò alle schiave di addobbare meravigliosamente le
sue stanze, di preparare dolci e leccor nie, e confezionò con le
sue stesse mani un certo dolce squisito nel quale, però, introdusse
un potente narcotico. Poi chiamò uno degli eunuchi e gli ordinò
di andare da Qut al-Qulùb dicendole: " La signora Zubaida
bint al-Qasirn, moglie dell'Einiro dei credenti, oggi non si sente tanto
bene; ma, avendo udito magnificare le virtù della tua voce, è
stata presa dal vivo desiderio di gustare la tua arte. " Quando Qut
al-Qulùb ebbe ricevuto l'ambasciata, rispose: " Sono schiava
di Allàh e della signora Zubaida. " E subito si alzò
e si recò negli appartamenti della moglie del califfo.
Quando giunse alla presenza della signora Zubaida, Qut al-Qulùb
s'inchinò a baciare la terra, quindi disse: " Che Allàh
possa darti pace e prosperità nei giorni e negli anni a venire!
" Dopo di che, si mise da una parte insieme con le altre donne e
gli eunuchi. Allora la signora Zubaida alzò gli occhi e considerò
la schiava, ammirandone la grazia e la bellezza. I seni della fanciulla
erano come melograni, le guance lisce come petali di rose, il volto simile
a un raggio di luna e gli occhi grandi e neri come la notte. Sia lode
a Colui che la creò e diede forma alla sua perfezione! Poi la signora
Zubaida disse: " Che tu sia la benvenuta, carissima Qut al-Qulùb!
Siediti e divertici con la tua arte. " " Ascolto e obbedisco,
" rispose Qut al-Qulùb e, preso in mano il tamburello, cominciò
ad agitarlo e a cantare in un modo tale che gli uccelli nel cielo si fermavano
ad ascoltare. Terminato che ebbe col tamburello, diede di piglio al flauto
e su di esso suonò deliziose melodie; quindi afferrò un
liuto e dopo averlo sapientemente accordato suonò e cantò
in modo tale che le stesse volte del palazzo parvero commuoversi. Infine,
dopo aver deliziato tutti i presenti con il canto e con la musica, eseguì
giochi di prestigio e di abilità con tale grazia e leggiadria che
la stessa Zubaida fu lì per li per invaghirsene e disse fra sè
e sè: " In verità, Harùn ar-Rashìd non
è da biasimare se si è innamorato di costei! " Ma la
gelosia, che era dentro il suo cuore, prese il sopravvento sopra ogni
altro sentimento ed ella ordinò che venissero portati i dolciumi
e fece in modo che Qut al-Qulùb mangiasse quelli drogati. Quando
vide che la fanciulla, con gli occhi appesantiti dal sonno, reclinava
il capo e si abbandonava sui cuscini, ordinò alle schiave di portarla
in una stanza dei suoi appartamenti, quindi chiamò un eunuco e
gli disse: " Ho bisogno che tu mi procuri subito una cassa grande
cosi e così! " Infine fece apprestare un falso sepolcro e
ordinò a tutti i servi, agli eunuchi e alle schiave della casa
di dire a chiunque li avesse interrogati che Qut al-Qulùb si era
soffocata, mangiando, ed era morta. Cosi quando il califfo tornò
dalla caccia e per prima cosa chiese di Qut al-Qulùb, uno dei suoi
eunuchi, baciando la terra davanti a lui, gli disse: " Che Allàh
ti dia vita, o signore! Ti informo che Qut al-Qulùb si è
soffocata, mangiando, ed è morta. " " Che Dio non ti
allieti mai con buone notizie, o pessimo schiavo! " gridò
il califfo Harùn ar-Rashìd, ed entrato nell'harem ebbe da
tutti la stessa notizia, così che alla fine si decise a chiedere:
" Dov'è la sua tomba? " Allora lo condussero davanti
al finto sepolcro dicendogli: " Questa è la sua tomba. "
E il califfo rimase lì a piangere e a sospirare per un'ora intera,
quindi se ne andò, afflitto dalla più grande malinconia.
Quando la signora Zubaida vide che il suo stratagemma era riuscito, si
fece portare dall'eunuco la cassa che aveva ordinato, vi fece deporre
Qut al-Qulùb, quindi disse all'eunuco: " Prendi questa cassa
e cerca di venderla, ma a condizione che chi la compra l'acquisti chiusa
com'è. Il prezzo che ne ricaverai lo distribuirai in elemosine.
" L'eunuco prese allora la cassa e se ne andò a fare quello
che gli era stato ordinato.
E adesso torniamo a Khalifa, il pescatore. Quando spuntò il nuovo
giorno, egli si alzò e si disse: " La miglior cosa che possa
fare oggi è quella di andare a cercare l'eunuco che mi comprò
il pesce, in quanto egli stesso mi ha detto di chiedere di lui al palazzo
del califfo. " Cosi Khalifa si vestì e uscì di casa
e se ne andò al palazzo del califfo dove, entrato nel cortile,
vide una gran quantità di soldati e di schiavi negri e di eunuchi
che se ne stavano appoggiati alle colonne, chi qua e chi là, a
chiacchierare e a non far nulla. E mentre egli se ne stava lì cercando
d'individuare in mezzo a tutta quella gente il suo uomo, ecco che ci fu
un gran trambusto e tutti cominciarono a correre a destra e a sinistra
perché il visir Giàafar el-Barmaki stava uscendo in quel
momento dall'udienza del califfo. Ed ecco che, guardando meglio, Khalifa
il pescatore vide il suo uomo che veniva avanti chiacchierando con il
visir. Dapprima rimase in disparte ad aspettare, poi, vedendo che quello
non gli badava, si mise sulla strada e cominciò da lontano a fargli
dei gesti dicendo: " 0 fior di gelsomino, dammi quel che mi spetta
e lasciami andare! " L'eunuco si accorse allora di Khalifa, ma si
vergognò dì rispondergli in presenza del visir, così
fece finta di non averlo visto e continuò a chiacchierare con Giàafar.
Allora Khalifa cominciò a perdere la pazienza e si mise a gridare:
" Ehi tu, che fai il finto tonto! Che Allàh possa svergognare
gli imbroglioni come te che si pigliano la roba della gente e poi fanno
finta di essere troppo occupati. Suvvia, signor pancetta, dammi quello
che mi spetta e lasciami andare! " Anche questa volta l'eunuco lo
udì, ma si vergognò di rispondere davanti a Giàafar..
Senonche il visir si era accorto anche lui del pescatore, ma non aveva
capito di che cosa costui stesse parlando; perciò, rivolto a Sandal,
gli chiese: " 0 eunuco, che cosa vuole da te quel pezzente laggiù?
" E Sandal rispose: " Ma come, mio signore, non lo conosci?
" " E come potrei conoscerlo, " fece Giàafar, "
se questa è la prima volta che lo vedo? " Allora l'eunuco
soggiunse: " Quello, o visir, è il pescatore al quale ieri
prendemmo i pesci sulle rive del Tigri. " E raccontò a Giàafar
tutto quanto era intervenuto fra lui e il pescatore Khalifa. Quando il
visir ebbe udito il racconto, sorrise e disse: " 0 eunuco, come va
che questo pescatore viene da te nel momento del bisogno e tu non gli
dai soddisfazione? Non sai chi è costui, o capo degli eunuchi?
" " No, " rispose Sandal. E Giàafar gli disse: "
Costui è il padrone dell'Emiro dei credenti ed è anche suo
socio. Perciò ti prego di trattenerlo qui mentre io vado dal califfo,
nostro signore, a chiedergli se per caso non gli faccia piacere di vedere
quest'uomo. Io credo infatti che solo costui possa alleviare la grande
tristezza che opprime il nostro signore a causa della morte di Qut al-Qulùb.
" Rispose Sandal: " Signore, fa' come vuoi e possa Allàh
conservarti ancora per lungo tempo quale pilastro della dinastia dell'Emiro
dei credenti! " Allora, mentre il visir Giàafar rientrava
nel palazzo per recarsi dal califfo, Sandal ordinò alle guardie
di trattenere il pescatore Khalifa, impedendogli in qualsiasi modo di
uscire.
Quando Giàafar giunse alla presenza del califfo, lo trovò
seduto con il capo chino verso terra, il petto squassato dai sospiri e
la fronte velata dalla malinconia. Dopo avere baciato la terra davanti
a lui, Giàafar disse: " La pace sia su di te, o Emiro dei
credenti, difensore della fede, discendente dello zio del Principe dei
Profeti, che Allàh salvi lui e tutta la sua famiglia! " Il
califfo sollevò il capo e rispose: " La pace e la misericordia
di Allàh siano su di te! " Allora disse Giàafar: "
Il principe dei credenti autorizza il suo servo a parlare liberamente?
" " E quando mai, " rispose il califfo, " ho imposto
limiti alla tua parola? Parla come più ti piace. " Cosi Giàafar
disse: " Mio signore, quando uscii dalla tua udienza diretto a casa
mia, vidi sulla porta del palazzo il tuo padrone e maestro e socio, Khalifa
il pescatore, che si lamentava di te dicendo: < Sia lode a Dio! Gli
ho insegnato a pescare e quello per tutto ringraziamento se ne è
andato a prendere un paio di ceste e non ha più fatto ritorno.
Questo non è il modo di comportarsi di un buon socio e di un buon
garzone. > Perciò volevo sapere se ti compiaci ancora di questa
società, altrimenti farò dire a costui che vada a cercarsi
un altro socio. "
Quando il califfo sentì queste parole, il dolore che gli opprimeva
il petto scomparve ed egli disse: " Per la tua vita, è proprio
vero che questo pescatore sta giù alla porta del palazzo? "
" Sulla tua vita, o Emiro dei credenti, egli è giù
alla porta, " rispose Giàafar. " Per Allàh, o
Giàafar, " disse il califfo, " voglio fare del mio meglio
per dargli quel che gli è dovuto. Se Allàh, per mano mia,
gli invierà delle pene, avrà pene; se gli invierà
prosperità, avrà prosperità. " Quindi prese
un foglio di carta, lo tagliò in molti pezzi e disse al visir:
0 Giàafar, su questi foglietti di carta scrivi di tuo pugno venti
somme di denaro da uno a mille dinàr, e poi i nomi di venti cariche,
dal più umile ufficio sino al califfato, e poi venti specie di
pene, dalla fustigazione più lieve fino alla morte. " "
Ascolto e obbedisco, " rispose Giàafar, e fece quello che
gli era stato ordinato. Poi il califfo gli disse: " 0 Giàafar,
giuro sui miei santi antenati e sulla mia parentela con Hamza e Aqil I
che intendo far venire alla mia presenza il pescatore e ordinargli di
prendere uno di questi foglietti di carta il cui contenuto è noto
solo a te e a me. E qualunque cosa sia scritta sul foglietto che egli
sceglierà, io gliela darò; e se anche si dovesse trattare
del califfato, io mi spoglierò dei miei abiti regali e glieli farò
indossare e non gli serberò alcun rancore. Ma se per converso sul
foglietto che sceglierà ci sarà scritto impiccagione o mutilazione
o morte, farò in modo che abbia quel che c'è scritto. Ed
ora va' e conducilo alla mia presenza. " Quando Giàafar sentì
queste parole si disse: " Non c'è maestà né
potenza se non in Allàh, il Glorioso e il Grande! E' probabile
che a questo povero diavolo capiti qualche disgrazia e io ne sarò
la causa. Ma ormai il califfo ha giurato e non c'è altro da fare
che condurgli dinanzi quest'uomo. Accadrà quel che Allàh
vuole che accada."
Perciò scese nel cortile del palazzo dov'era Khalifa il pescatore
e, presolo per mano, si avviò con lui verso la sala del trono.
Intanto, strada facendo, Khalifa, che non capiva nulla di tutto ciò
che accadeva ed era sgomento per la paura, si andava dicendo: " Che
stupido sono stato a venire a cercare quell'eunuco gelsomino, non bastava
che mi pestassero adesso chissà che cosa mi faranno! " Dopo
che ebbero attraversato sette vestiboli, si arrestarono davanti a una
tenda e il visir disse: " Bada bene, o pescatore, tu sei alla presenza
dell'Emiro dei credenti e difensore della fede! " E tirata la tenda
apparve il califfo, seduto sul trono e circondato dai dignitari del regno.
Non appena lo vide, Khalifa subito lo riconobbe e avanzando verso di lui
gli disse: " Ben trovato, o pifferaio! Bel modo il tuo di comportarti!
Lasciarmi lì a sorvegliare il pesce e non farti più vedere!
Ebbene sappi che prima che me ne rendessi conto mi venne addosso una turba
di soldati e si portarono via tutti i pesci e la colpa è tutta
tua, perché mi hai lasciato solo. Se tu fossi tornato subito con
le ceste, adesso avremmo in tasca almeno cento dinàr. E come se
non bastasse ora sono venuto qui a cercare quel che mi è dovuto
e mi hanno arrestato, ma tu che fai qui? Hanno imprigionato anche te?
" Il califfo sorrise e disse al pescatore: " Vieni qui e scegli
uno di questi foglietti di carta. " " Ma come? " fece Khalifa.
" Ieri facevi il pescatore ed oggi sei diventato astrologo? Ma bada
che più mestieri un uomo ha per le mani e più si ritrova
in miseria. " Allora Giàafar gli disse: " Prendi uno
di quei foglietti e fa' senza discutere ciò che ti ordina l'Emiro
dei credenti. " Così Khalifa avanzò dicendo: "
Che mi venga un' accidente se questo pifferaio mai più mio socio
e pescherà con me!" di carta e lo porse al califfo dicendo:
" Allora, pifferaio, che cosa ho estratto? Avanti, non nascondermi
nulla! " Harùn ar-Rashìd prese il foglietto, lo porse
a Giàafar e disse: " Leggi quello che c'è scritto.
" Il visír diede un'occhiata al foglietto e disse: "
Non c'è maestà né potenza se non in Allàh,
il Glorioso, il Grande! " " Buone notizie, o Giàafar?
" disse il califfo. " Che cosa c'è scritto su quel foglietto?
" " 0 Emiro dei credenti, " rispose il visir, " su
questo foglio c'è scritto: < Siano date al pescatore cento bastonate.>"
Allora il califfo ordinò che il pescatore fosse bastonato e, quando
ebbero finito di infliggergli le cento bastonate, Khalifa si alzò
in piedi e disse: " Che Allàh maledica tutto questo! La prigione
e le bastonate fanno parte del gioco? " Allora Giàafar disse:
" 0 Emiro dei credenti, questo povero diavolo è venuto al
fiume, e tu vorresti che se ne andasse assetato? Noi tutti speriamo che
la tua generosità gli conceda di estrarre un altro foglietto, acciocché
possa ricevere qualcosa che conforti la sua miseria. " " Per
Allah, o Giàafar, " disse il califfo, " se prende un
foglietto su cui ci sarà scritto di dargli la morte, io lo farò
uccidere e tu sarai stato la causa della sua sventura. " " Con
la morte troverebbe almeno un po' di pace, " rispose Giàafar.
Allora Khalìfa il pescatore saltò su a dire: " Che
Allàh non ti rallegri mai con una buona notizia. Ti ho forse reso
la vita difficile a Bagdad, che tu cerchi di uccidermi? " "
Prendi un foglietto, " disse Giàafar, " e invoca la benedizione
dell'onnipotente Allàh! " Allora Khalifa prese un foglietto
e lo porse a Giàafar, che lo lesse e rimase in silenzio. Il califfo
chiese: " Perché rimani in silenzio, o figlio di Yahya? "
" 0 Emiro dei credenti, su questo foglio c'è scritto: <
Al pescatore non sia dato nulla. > " Allora il califfo disse:
" E' destino che il suo pane quotidiano non gli venga da noi. Ordinagli
di andarsene dalla nostra presenza. " " In nome dei tuoi devoti
progenitori, " lo supplicò Giàafar, " concedigli
di prendere un terzo foglietto. Chissà che non possa guadagnare
qualcosa. " Il califfo accondiscese e così il pescatore prese
un terzo foglietto, sul quale c'erano scritte queste parole: " Sia
dato un dinàr al pescatore. " Vedendo ciò, Giàafar
esclamò: " Avevo cercato di fare la tua fortuna, ma Allàh
non ha voluto concederti altro che questo dinàr. " "
In verità, " rispose Khalifa, " un dinàr per cento
bastonate è una gran bella fortuna. Che Allàh possa non
concederti la salute del corpo! " A questa uscita il califfo si mise
a ridere e Giàafar, preso per mano il pescatore, lo accompagnò
fin sulla soglia della sala del trono.
Quando Khalifa raggiunse la porta del palazzo, Sandal l'eunuco lo vide
e gli disse: " Vieni qui, o pescatore! Dammi una parte di quello
che l'Emiro dei credenti ti ha regalato, divertendosi con te. " "
Per Allàh, o gelsomino, hai proprio ragione! " rispose Khalifa.
" Così tu vuoi dividere con me? Ebbene, sappi che in tutto
io ho guadagnato cento bastonate e un dinàr, e se tu vuoi dividere
sarai il benvenuto. " E dicendo questo gli gettò il dinàr
e se ne andò mentre le lacrime gli scorrevano lungo le guance.
Quando l'eunuco lo vide così afflitto, si pentì di aver
parlato in quel modo e fattolo riportare indietro da alcuni servi gli
mise in mano cento monete d'oro dicendogli: " Prendi quest'oro in
pagamento del tuo pesce e va' per la tua strada. " Così a
Khalifa tornò il buonumore, si prese i cento dinàr e il
dinàr del califfo e se ne andò per la sua strada dimenticando
le bastonate ricevute.
Ora Allàh volle, acciocché le cose accadessero com'egli
aveva decretato, che Khalifa andasse a passare proprio per il mercato
delle schiave. A un tratto vide un capannello di persone e, incuriosito,
si fece largo per vedere di che cosa si trattasse. Vide una cassa con
un eunuco che ci stava seduto sopra, e, accanto, lo sceicco dei sensali
che diceva: " 0 mercanti, o persone benestanti, chi vorrà
arrischiare il suo denaro per questa cassa, il cui contenuto è
ignoto, ma che proviene dal palazzo della signora Zubaida bint al-Qasim,
moglie dell'Emiro dei credenti? Quanto vorrete offrire per questa cassa,
che Allàh vi benedica? " Uno dei mercanti disse: " Per
Allàh, è un rischio! Ma voglio fare un'offerta e spero di
non pentirmene. Quella cassa sia mia per venti dinàr. " "
Cinquanta, " offri un altro, e l'asta andò avanti fino a che
il prezzo raggiunse i cento dinàr. Allora il banditore disse: "
Nessuno offre di più, o mercanti? " Khalifa il pescatore si
fece avanti e disse: " Che quella cassa sia mia per centouno dinàr.
" I mercanti, udendo quelle parole, pensarono che Khalifa stesse
scherzando e si misero a ridere dicendo: " Ma si, vendila a Khalifa
per centouno dinàr! " Allora l'eunuco si alzò in piedi
e disse: " Per Allàh, non la venderò ad altri se non
a lui! Prendila, o pescatore, e che il Signore ti benedica. Fuori il denaro.
" Così Khalifa tirò fuori i suoi dinàr e li
diede all'eunuco, il quale gli consegnò la cassa e poi, seduta
stante distribuì il prezzo ottenuto in elemosine. Dopo di che tornò
al palazzo e informò la signora Zubaida di quello che aveva fatto
ed ella se ne rallegrò.
Intanto il pescatore si era caricato la cassa su una spalla, ma poiche
era molto pesante e non ce la faceva a portarla in quel modo se la mise
sul capo e così se la portò fino al quartiere dove abitava.
Quando arrivò a casa, si sedette perché era molto stanco
e, incuriosito di sapere che cosa gli era toccato, si disse: "Volesse
il cielo che sapessi che cosa c'è in questa cassa! " Così
si avvicinò alla cassa e cercò di aprirla, ma senza riuscirvi.
" Che razza di pazzia è stata la mia a voler comprare questa
cassa? " si disse. " Qui, per vedere quello che c'è dentro,
non c'è altro da fare che spaccarla. " Si mise a trafficare
ancora un poco intorno alla serratura ma, vedendo che non riusciva ad
aprirla, si disse: " Basta per questa sera. Ci penserò domani.
" Ma quando fece per coricarsi vide che nella sua stanzetta non c'era
più posto per il materasso perché la cassa la occupava quasi
tutta. Allora si sdraiò sulla cassa e si addormentò. Ma
dopo un'ora sentì che qualcosa si muoveva sotto di lui e, spaventato,
balzò a sedere dicendosi: " Questa cassa deve essere abitata
dagli spiriti. Sia lodato Allàh che non mi ha permesso di aprirla,
altrimenti gli spiriti approfittando della notte mi sarebbero piombati
addosso e mi avrebbero ucciso. " Poi si sdraiò di nuovo e
cercò di riaddormentarsi; ma ecco che dopo poco sentì di
nuovo qualcosa muoversi dentro la cassa. Allora balzò in piedi
dicendo: " Ricomincia! Ma questo è terribile! " Cercò
a tentoni la lampada, ma non riuscì a trovarla. Allora, preso dalla
paura, si precipitò fuori di casa gridando. " Aiuto, gente
del quartiere! ". I vicini, che erano tutti addormentati, si svegliarono
di soprassalto e, affacciatisi alle finestre, cominciarono a chiedere:
" Che cosa ti succede, o Khalifa? " " Cari vicini prestatemi
una lampada perché gli spiriti sono su di me. " Quelli si
misero a ridere, gli diedero una lampada e Khalifa tornò a casa
sua. Chiusa la porta, fece saltare il catenaccio della cassa con una pietra
e, sollevato il coperchio, vide una fanciulla, simile ad una Urì,
che giaceva addormentata nell'interno della cassa. Proprio in quel momento,
la fanciulla vomitò il narcotico che aveva ingerito e, spalancati
gli occhi, si guardò intorno con aria smarrita dicendo: "
Chi sei? E dove sono? " " Sei a casa mia, " rispose Khalifa.
" Non sono nel palazzo del califfo? " " Cosa c'entra adesso
il califfo? " rispose il pescatore. " 0 svaporata, tu sei la
mia schiava: io ti ho comprata proprio oggi per centouno dinàr
e ti ho portato a casa mentre tu te ne stavi a dormire in questa cassa.
" Quando ebbe udito ciò, la ragazza gli disse: " Come
ti chiami? " " Mi chiamo Khalifa. Ma non riesco a capire come
mai la mia stella mi sia diventata propizia, dato che non lo era mai stata
fino adesso. " A questa uscita la ragazza si mise a ridere e disse:
" Lasciamo perdere questi discorsi! Piuttosto dimmi: hai qualcosa
da mangiare? " " No, per Allàh, e nemmeno da bere! Son
due giorni che non mangio e ora che ci penso avrei voglia anch'io di mettere
qualcosa sotto i denti. " Allora la ragazza gli chiese: " Non
hai denaro? " " Allàh conservi questa cassa che mi ha
ridotto sul lastrico, " rispose Khalifa. " Ho speso tutto quello
che avevo per comperarla e sono rimasto senza un soldo. " La fanciulla
si mise a ridere e gli disse: " Tirati su, e vammi a cercare dai
vicini qualcosa da mangiare perché ho fame. " Allora Khalifa
uscì di casa e si mise a gridare : " Ehi, gente del quartiere!
"
I vicini, che si erano di nuovo addormentati, tornarono a svegliarsi e
gli chiesero: " E adesso che ti succede, o Khalifa? " "
Vicini carissimi, ho fame e non ho niente da mangiare. " Allora uno
gli portò una galletta, un altro un pezzo di carne e un altro un
po' di formaggio e un altro un cetriolo. Così, con tutta quella
roba in grembo, Khalifa tornò a casa e depose il cibo fra le mani
della ragazza dicendole: " Mangia. " Ma la ragazza si mise a
ridere e gli disse: " Come posso mangiare tutta questa roba se non
ho niente da bere? Ho paura che un boccone mi rimanga in gola e mi soffochi.
" Allora Khalifa prese una brocca, uscì di nuovo in mezzo
alla strada e si mise a gridare: " Ehi, gente del quartiere! "
E i vicini gli risposero: " Si può sapere che disgrazie ti
capitano questa notte, o Khalifa? " E Khalifa rispose: " Cari
vicini, mi avete dato del cibo e io l'ho mangiato; ma ora ho sete e vi
prego di darmi da bere. " Così gli riempirono la brocca di
acqua e Khalifa, tornato a casa, la diede alla fanciulla dicendole: "
Mia signora, adesso non ti manca nulla. " E quella rispose: "
E' vero. Per ora, non ho bisogno di altro. "
Quando la ragazza ebbe finito di mangiare, Khalifa le disse: " Suvvia,
parla, raccontami la tua storia. " E quella gli rispose: " Vergognati!
Se non mi conosci, ti dirò chi sono. Sono Qut al-Qulùb,
schiava del califfo. La signora Zubaida era gelosa di me e così
mi ha drogato con un narcotico e mi ha fatto rinchiudere in questa cassa.
Sia lode a Dio che la cosa si è risolta nel modo migliore. Ma quello
che mi è capitato è una fortuna per te, perché certamente
il califfo Harùn ar-Rashìd ti colmerà d'oro e questa
storia sarà la causa della tua ricchezza. " Allora Khalifa
le chiese: " Ma questo ar-Rashìd non è forse colui
nel cui palazzo io fui imprigionato? " " Sì, " rispose
la ragazza. E allora Khalifa aggiunse: " Per Allàh, non ho
mai visto nessuno più spilorcio di lui, di quel pifferaio tirchio
e scemo! Proprio ieri mi ha fatto dare cento bastonate e mi ha regalato
solo un dinàr. E pensare che io gli avevo insegnato a pescare e
l'avevo fatto mio socio; ma lui mi ha imbrogliato! " Allora la ragazza
gli disse: "Lascia stare questi discorsi stupidi, apri gli occhi
e comportati in modo rispettoso davanti a lui la prossima volta che lo
vedrai; solo così potrai ottenere quello che desideri. " A
queste parole Khalifa rimase sbalordito e quando Allàh gli ebbe
rischiarato la mente esclamò: " Per la mia vita e per i miei
occhi! " Dopo di che, le disse di stendersi sul materasso e di dormire,
mentre lui si rincantucciava in un angolo lontano da lei. La mattina dopo,
appena si furono svegliati, la ragazza gli chiese di procurarle carta
e inchiostro, e quando Khalifa glieli ebbe portati scrisse un biglietto
per Ibn al-Qirnàs, l'amico del califfo, informandolo di quanto
era successo e dicendogli che come conclusione di tutta la faccenda ella
si trovava in quel momento in casa di Khalifa, il pescatore, che l'aveva
comperata. Poi diede il biglietto a Khalifa dicendogli: " Recati
nel suk dei gioiellieri, cerca la bottega di Ibn al-Qirnas e quando l'avrai
trovato dagli questo biglietto. " " Ascolto e obbedisco, "
rispose Khalifa, e se ne andò in cerca della bottega di Ibn al-Qirnas;
e quando la ebbe trovata entrò e salutò il mercante, il
quale rispose con una certa degnazione al suo saluto e gli disse: "
Che cosa vuoi? " Allora Khalifa gli porse il biglietto e quello lo
prese, ma non lo lesse pensando che il pescatore fosse un mendicante che
chiedeva l'elemosina. Perciò disse ad uno dei suoi servi: "Dagli
mezzo dirham. " Ma Khalifa disse: " Io non voglio elemosine.
Voglio che tu legga quel biglietto. " Così Ibn al-Qirnàs
prese il biglietto e lo lesse, e quando ebbe finito lo baciò e
se lo pose sul capo e poi disse a Khalifa: " Fratello mio, dove si
trova la tua casa? " " E che cosa vuoi dalla mia casa? "
chiese Khalifa. " Vuoi forse andare a rubarmi la mia schiava? "
" Neanche per sogno, " rispose Ibn al-Qirnàs. "
Al contrario, voglio comprare qualcosa da mangiare per te e per lei. "
Allora Khalifa si lasciò indurre a dirgli dove si trovava la sua
casa e il gioielliere, dopo essersi rallegrato, disse a due dei suoi schiavi:
" Conducete quest'uomo alla bottega di Muhsin, il cambiavalute, e
fategli dare mille dinàr d'oro. Poi riportatelo qui in fretta.
" Così fu fatto e quando Khalifa tornò dalla bottega
del cambiavalute trovò il gioielliere che lo aspettava con due
mule e che gli disse: " Monta su questa mula. " " No, per
Allàh, " rispose Khalifa, " ho paura che mi butti a terra.
" " Per Allàh, " fece Ibn al-Qirnàs, "
è necessario che tu monti su questa mula. " Allora Khalifa
si fece coraggio, saltò in groppa alla mula con la faccia verso
la coda che afferrò con tutt'e due le mani per tenersi più
saldo. Ma la mula s'imbizzarrì, cominciò a scalciare e lo
buttò a terra mentre tutti quanti si scompisciavano dalle risa.
" Non te l'avevo detto, " fece Khalifa, " che non sarei
stato capace di montare questo diavolo d'un somaro? "
Allora Ibn al-Qirnàs lasciò Khalifa al mercato e se ne andò
di fretta dal califfo, al quale raccontò ogni cosa. Dopo di che
se ne andò a casa di Khalifa, fece prendere la fanciulla e la fece
trasportare a casa sua. Quando Khalifa tornò a casa, trovò
una gran folla di vicini che dicevano: " Certo, Khalifa si è
cacciato in un bel pasticcio! Chissà mai dove avrà preso
quella schiava? " Allora uno disse: " Quello è un ruffiano
pazzo; forse, ha trovato quella ragazza ubriaca per la strada e se l'è
portata a casa. Il fatto che si sia allontanato dimostra che ha capito
di aver sbagliato. " Udendo ciò, Khalifa si fece avanti e
i vicini, quando lo videro, gli dissero: " Si può sapere che
cosa hai combinato, disgraziato? Non sai quello che è successo
qui? " " No, per Allàh! " rispose Khalifa. "
Proprio ora sono venuti degli eunuchi che hanno portato via la schiava
che tu hai rubato, e hanno anche cercato di te, ma non ti hanno trovato.
" " E come hanno fatto a prendermi la schiava? " chiese
Khalifa. E uno dei presenti aggiunse: " Se avessero trovato anche
lui, certamente lo avrebbero ucciso. " Ma Khalifa non li ascoltava
più, perché stava correndo verso la bottega di Ibn al-Qirnàs,
e appena fu arrivato disse al gioielliere: " Per Allàh, non
è bello quello che hai fatto: mi hai tenuto qui con la storia della
mula e intanto i tuoi eunuchi si portavano via la mia schiava! "
" Sciocco, " rispose il gioielliere, " vieni con me e sta'
zitto. " Ciò detto prese per mano Khalifa e lo condusse in
una bellissima casa, dove il pescatore trovò la sua schiava sdraiata
su un divano d'oro, circondata da dieci schiave simili a lune. Vedendola,
Ibn al-Qirnàs baciò la terra davanti a lei e la fanciulla
gli disse: " Che cosa hai fatto del mio nuovo padrone, che mi ha
comperato spendendo per me tutto ciò che possedeva? " "
Signora, gli ho dato mille dinàr d'oro. " E le riferì
tutta la storia di Khalifa dal principio alla fine, così che dopo
averla udita la ragazza si mise a ridere e disse: " Non lo biasimare!
E' un povero diavolo. Questi altri mille dinàr sono il mio regalo
per lui e, se Iddio lo vuole, otterrà dal califfo quanto basti
per arricchirlo. "
Mentre stavano csìparlando, arrivò un eunuco da parte dell'Emiro
dei credenti, il quale, saputo che la ragazza si trovava in casa di Ibn
al-Qirnàs, non potendo sopportare una più lunga separazione,
chiedeva che venisse condotta subito alla sua presenza. Così Qut
al-Qulùb si recò al palazzo insieme con Khalifa e subito
si presentò davanti al califfo. E come la vide questi si alzò
per salutarla e per darle il benvenuto e le chiese come si fosse trovata
con colui che l'aveva comperata. Allora la fanciulla rispose: " Colui
che mi ha comperata non è altri che Khalifa il pescatore, il quale
si trova qui, fuori della porta. Mi ha detto che ha un conto da sistemare
con l'Emiro dei credenti per via di una certa società che era stata
stipulata fra lui e il califfo. " " E' davvero qui alla porta?
" chiese ar-Rashìd. E la fanciulla rispose: " Sì.
" Allora il califfo ordinò che fosse introdotto Khalifa, e
come questi si trovò alla presenza dell'Emiro dei credenti baciò
la terra davanti a lui e gli augurò gloria e prosperità.
Il califfo, stupito di sentirlo parlare in quel modo, si mise a ridere
e disse: " 0 pescatore, sei stato mio socio anche la notte scorsa?
" Khalifa capì l'allusione e, facendosi coraggio, rispose:
" Su Colui che ti concesse la successione del profeta, ti giuro che
io non la conosco affatto e che i miei rapporti con lei si sono limitati
alla parola e alla vista! " Poi Khalifa raccontò ad Harùn
ar-Rashìd tutto quello che gli era capitato dall'ultima volta che
lo aveva visto e l'Emiro dei credenti rise di cuore, sollevato, e, quando
Khalifa ebbe finito, gli disse: " Chiedi quello che vuoi, o tu che
riporti ai proprietari la loro proprietà! " Ma Khalifa rimase
in silenzio, e allora Harùn ordinò che gli venissero dati
cinquantamila dinàr d'oro e costosi abiti d'onore e una mula e
schiavi negri del Sudan per servirlo, cosi che Khalifa sembrò in
breve diventato un re di quel tempo.
Il califfo fu felicissimo di aver ritrovato la sua favorita e quando seppe
che tutto quello che era successo era stato tramato da sua moglie, la
signora Zubaida, si irritò fortemente contro di lei e non volle
più vederla né volle perdonarla. Allora la signora Zubaida
si rattristò moltissimo e passò le sue giornate piangendo
e dimagrendo. Alla fine si pentì amaramente di quello che aveva
fatto e scrisse una lettera al califfo confessando i suoi peccati e chiedendo
perdono. Quando Harùn ar-Rashìd ebbe letto quella lettera,
si disse: " In verità, Allàh perdona tutti i peccati,
perché è clemente e misericordioso! " E così
mandò a dire alla signora Zubaida che le perdonava tutto quanto
era successo, e quella si rallegrò grandemente e la vita tornò
a rifiorire per lei.
Quanto a Khalifa il pescatore, Harùn ar-Rashid gli fece assegnare
uno stipendio mensile di cinquanta dinàr e lo tenne in grande favore
concedendogli dignità ed onori. Così, quando Khalifa uscì
dal palazzo e arrivò alla porta principale, ecco che gli venne
incontro l'eunuco Sandal, il quale gli disse: " 0 pescatore, da che
cosa ti proviene tutto questo? " Allora Khalifa gli raccontò
tutto quello che gli era capitato e Sandal si rallegrò moltissimo
perché egli era stato la causa di tutto ciò e gli disse:
" E adesso non mi darai una parte cospicua di tutte queste ricchezze
che ti sono piovute sul capo? " E subito Khalifa si mise una mano
in tasca e tirò fuori una borsa che conteneva mille dinàr
e la porse all'eunuco, il quale, però, non la volle prendere e,
meravigliandosi per la onestà e la generosità di Khalifa,
gli disse: " Tieniti il tuo denaro e che Allàh ti benedica!
"
Lasciato l'eunuco, Khalifa montò su una mula e, seguito dal corteo
degli schiavi, si recò fino a casa sua mentre per la strada la
gente non smetteva di ammirarlo e di stupirsi per la sua nuova posizione.
Quando fu arrivato nel suo quartiere, tutti i vicini gli si fecero intorno
e si informarono sulle ragioni di quella improvvisa fortuna ed egli raccontò
loro tutto quello che gli era capitato dal principio alla fine. Poi Khalifa
si comprò una bella casa e la arredò spendendo molto denaro;
quindi, non appena fu sistemato, chiese in moglie la figlia di uno dei
principali uomini della città e, sposatala, condusse con lei una
vita di gaudio e di soddisfazione divenendo sempre più ricco e
stimato. E ogni volta che rifletteva sul suo stato non trascurava di rendere
omaggio ad Allàh, - che, sia esaltato e osannato! - perché
gli aveva concesso tutte quelle grazie. In seguito Khalifa non cessò
di frequentare l'Emiro dei credenti, il quale continuò a colmarlo
di favori e di doni. E così andò avanti conducendo una vita
serena e piacevole fino a che non giunse Colei che distrugge ogni gioia
e che separa le amicizie. Sia lodato Colui al quale appartiene la gloria,
perché Egli è il Vivente, l'Eterno, Colui che non muore
mai!
Durante tutto questo tempo, Shabrazàd aveva avuto dal re tre figli;
così, quando ebbe terminato di raccontare l'ultima storia, si alzò
in piedi e, baciando la terra davanti al sovrano, disse: " 0 re del
mio tempo, unico sovrano di questa età, io sono la tua schiava
e in queste mille e una notte ti ho intrattenuto con le storie di gente
d'altri tempi e con i racconti esemplari degli uomini che furono. Posso
chiedere qualcosa alla tua generosità? " " Chiedi, o
Shahrazàd, " rispose il re, " e ti sarà concesso.
" Allora Shahrazàd chiamò le nutrici e gli eunuchi
e disse loro: " Portatemi i miei bambini. " Ed essi le portarono
subito i figlioli che erano tre: uno che camminava, uno che si trascinava
carponi e uno che prendeva ancora il latte. Shahrazàd li prese
e, tenendoli davanti al re, baciò di nuovo la terra dicendo: "
Questi sono i tuoi figli e io ti supplico di farmi salva la vita per amore
di questi piccoli; infatti, se tu mi uccidi essi rimarranno senza madre
e non troveranno nessuna donna che li curi come hanno bisogno di essere
curati. " Quando il re udì queste parole si mise a piangere
e stringendosi i figli al petto disse: " Per Allàh, o Shahrazàd,
io ti avevo già fatto grazia della vita prima ancora che venissero
questi bambini, perché ti avevo trovato casta, pura, schietta e
pia! Allàh benedica te e tuo padre e tua madre e tutta la tua stirpe.
Prendo l'Onnipotente a testimone che io ora ti esento da tutto ciò
che possa nuocerti. "
Allora Shahrazàd baciò le mani e i piedi del re e si rallegrò
immensamente dicendo: " Il Signore ti conceda una vita lunga e aumenti
la tua dignità e il tuo potere! " Quando la notizia venne
risaputa nel palazzo e nella città, dovunque ci fu un gran giubilo
e quella notte non è da computare tra quelle degli uomini, tanto
essa fu splendida e meravigliosa. Al mattino il re si recò nella
sala del trono e convocò tutti i dignitari del regno. Poi, fatto
venire davanti a sè il visir, gli regalò una magnifica veste
d'onore e gli disse: " Allàh ti protegga, perché tu
mi hai dato in moglie la tua nobile figlia alla quale si deve se io mi
sono pentito dell'uccisione delle figlie dei miei sudditi. In verità
io ho constatato che ella è pura e pia, casta e sincera, e Allàh
mi ha concesso di avere da lei tre figli. Perciò sia lodato il
Signore per le sue grazie. " Poi regalò vesti sontuose a tutti
i suoi visir, agli emiri e ai primi ufficiali, quindi ordinò trenta
giorni di festeggiamenti e volle che le spese di questi non gravassero
sui cittadini ma venissero pagate dalla cassa reale. E durante tutto quel
tempo, ovunque, nel palazzo reale e nella città, vi furono solo
luci e canti e dappertutto fu gioia e serenità. Poi il re convocò
tutti i copisti del regno e volle che questi trascrivessero i racconti
di Shahrazàd e quelli li trascrissero e alla raccolta fu dato il
nome di Storie Meravigliose delle Mille e una Notte. E così la
vita trascorse lieta e serena per il re e per i suoi sudditi, fino a che
non giunse Colei che distrugge ogni piacere, che separa ogni compagnia,
che spopola le case e i palazzi e popola le tombe. Sia gloria a Colui
che non perisce con il passare del tempo, a Colui che non muta e che non
cambia, a Colui nel quale sono tutti gli attributi della perfezione. Sia
la pace e la benedizione sulla più eletta delle sue creature, il
nostro signore Maometto, principe dell'umanità, per la cui intercessione
noi supplichiamo Allàh di concederci una buona fine.
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