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... complimentarono con me per la mia salvezza. Dopo di che il capitano mi consegnò le merci, e su ogni balla trovai scritto il mio nome e vidi che non mancava nulla. Cercai allora fra le mie robe e trovai un oggetto prezioso, e con quello mi recai dal sovrano al quale lo offrii in omaggio raccontandogli tutto quanto era avvenuto poco prima al porto. Il re si stupì moltissimo di questo fatto e contraccambiò il mio regalo con ricchi doni. Nei giorni che seguirono, vendetti le mie merci guadagnando molto denaro e comprai altre mercanzie e oggetti tipici di quel paese. Poi, quando il capitano della nave mi annunciò che aveva intenzione di partire, andai dal re Mihragiàn, lo ringraziai della bontà che aveva avuto per me e gli chiesi licenza di tornare in patria, per rivedere il mio paese, la famiglia, gli amici. Il re acconsentì di buon grado e mi regalò altre merci e prodotti della sua terra; poi mi congedò affabilmente e io, sceso al porto, m'imbarcai. Poiché così piacque ad Allah, viaggiammo senza inconvenienti per giorni e per notti e alla fine giungemmo a Bassora, dove sbarcai, felice di essere tornato sano e salvo sul suolo natio. Rimasi alcuni giorni a Bassora, poi, portando meco grandi quantità di merci rare e preziose, partii per Baghdad, città della pace, ove entrai dopo un felice viaggio e, giunto nel mio quartiere e nella mia casa, amici e parenti vennero tutti a salutarmi e a rallegrarsi con me. Grazie al denaro che avevo, e alla gran copia di merci che avevo portato con me e che vendetti, acquistai eunuchi e concubine e schiavi e comprai case e giardini e terre, diventando cosi più ricco di quanto lo fossi stato prima. Allora, senza darmi alcun pensiero al mondo, mi misi a frequentare gli amici trascorrendo con loro il tempo, dimentico dei pericoli, degli affanni e delle pene che avevo patito durante quel viaggio avventuroso. Gustai ogni piacere ed ogni delizia, mangiai cibi raffinati e bevvi vini squisiti, e andai avanti in questo modo per parecchio tempo, ché le mie ricchezze mi permettevano di condurre questo treno di vita.
Questa è la storia del mio primo viaggio, e domani, se Allah lo vuole, vi racconterò il secondo dei miei numerosi viaggi. Quindi Sindbad il Marinaio ordinò che venissero date a Sindbad il Facchino cento monete d'oro e gli disse: " La tua presenza ci è stata molto gradita oggi." Il Facchino lo ringraziò e, preso il dono, se ne andò per la sua strada, riflettendo su quanto aveva udito e non cessando di meravigliarsi per le cose incredibili che possono capitare a un uomo. Quando si fece giorno, tornò a casa di Sindbad il Marinaio, che lo ricevette con gentilezza e lo fece sedere accanto a sé. Non appena gli altri amici del padrone di casa furono arrivati, vennero approntate le mense e tutti mangiarono e bevvero a sazietà. Poi Sindbad il Marinaio cominciò a parlare raccontando con queste parole il
Secondo viaggio di Sindbad il Marinaio
Sappiate, fratelli miei, che io vivevo, come vi ho detto ieri, una vita serena ed agiata e non mi mancava nulla, fino a che un giorno nell'animo mio tornò a nascere il desiderio di viaggiare nei paesi degli uomini visitando isole e città nuove. Una volta che tale desiderio si fu insinuato nell'animo mio, non ebbi pace fino a che non presi la decisione. Raccolsi tutto il denaro liquido che avevo in casa, acquistai gran copia di merci e di provviste e scesi sulla riva del Tigri, dove vidi, in procinto di salpare, una bella nave nuova di zecca, con grandi vele di tela robusta, bene attrezzata ed equipaggiata. Insieme con altri mercanti salii a bordo, dopo aver fatto caricare tutte le mie merci, e quello stesso giorno salpammo le ancore. Navigammo felicemente per diversi mari, toccando porti e isole, e dovunque scendevamo a terra, salutati dalla gente, dai mercanti e dai notabili del luogo e concludevamo buoni affari vendendo e comprando.
Alla fine Allah volle che prendessimo terra in un'isola amena, tutta verdeggiante di alberi, dai quali pendevano frutti saporosi. L'aria di quest'isola era profumata dai fiori e risuonava per il canto di numerosi uccelli; dovunque scorrevano ruscelli d'acqua limpida e cristallina ma, per quanto cercassimo, non scorgemmo alcuna traccia di uomini: non vedemmo né abitanti né case. Il capitano mise la nave alla fonda e i mercanti scesero a terra per godersi la frescura degli alberi, il profumo dei fiori e il canto degli uccelli, lodando l'Unico, il Vittorioso, l'Onnipotente che aveva creato tali meraviglie. Anch'io scesi con gli altri portando a terra qualche provvista. e mi sedetti vicino ad una fonte mangiando quello che Allah mi aveva destinato. L'aria in quel luogo era così dolce, il profumo dei fiori cosi fragrante, che, ... continua ... |
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