Storia di Sindbad il Marinaio
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pilastri... vedemmo scendere verso di noi, dall'alto del castello, una creatura enorme in sembianze d'uomo, nera di pelle, alta come una palma da datteri, con gli occhi come tizzoni ardenti, zanne simili a quelle dei cinghiali e una bocca grande come la; vera d'un pozzo. Le labbra, simili a quelle d'un cammello, gli penzolavano giù fin sul petto; le orecchie erano due sventole enormi che arrivavano fino alle spalle, mentre le unghie delle, mani parevano artigli di leone. Quando vedemmo questo orribile gigante, ci sentimmo venir meno e rimanemmo impietriti dalla paura. Giunto nello spiazzo, il gigante si sedette per un po' sulla panca, poi si alzò, si avvicinò a noi e mi prese per un braccio scegliendo me fra tutti i ' miei compagni mercanti. Mi prese in mano e cominciò a girarmi e rigirarmi, tastandomi come fa il macellaio quando sceglie una pecora da scannare, ed io in mano sua ero appena un bocconcino. Tuttavia dovette trovarmi non abbastanza grasso per i suoi gusti perché, dopo avermi esaminato ben bene, mi lasciò andare e prese un altro, con il quale fece la stessa cosa e così, uno dopo l'altro, ci prese e ci tastò tutti quanti fino a che non arrivò al capitano della nave. Questi era un pezzo d'uomo robusto e bene in carne e piacque al gigante, il quale lo afferrò, come fa il beccaio con la pecora, lo gettò a terra, poi gli pose un piede sul collo e glielo spezzò. Quindi prese uno spiedo, lo infilò nel sedere del capitano, e glielo fece uscire dalla testa, poi accese un bel fuoco, vi pose sopra lo spiedo e continuò a girarlo finché la carne non fu cotta. Quando il capitano fu ben rosolato, lo tolse dal fuoco e dallo spiedo, se lo mise davanti e cominciò a spezzarlo, come facciamo noi con una pollastra, strappando la carne con le unghie e mangiandosela. Si mangiò così tutto il capitano, spolpando ben bene le ossa che gettò da una parte; poi, ben sazio, si sdraiò sulla panca e si addormentò mettendosi a russare che sembrava un montone sgozzato. Quando spuntò il giorno si alzò e se ne andò per i fatti suoi.
Appena fummo certi che se ne fosse andato, cominciammo a parlare fra di noi, piangendo e compatendoci per la nostra sorte, e dicendo: " Volesse il cielo che fossimo annegati o che ci avessero sbranati le scimmie! Sarebbe stato sempre meglio che finire arrostiti sui carboni; questa, per Allah, è una morte ben disgraziata e orribile! Ma quello che Allah vuole deve avvenire e non vi è maestà e potenza se non in lui, il Glorioso, il Grande! Ormai non v'è dubbio, faremo una fine miserevole e nessuno saprà nulla di noi; da questo luogo non riusciremo mai a fuggire. " Poi ci alzammo e cominciammo a vagare per l'isola, cercando un posto dove nasconderci o una via di scampo. Ma non era la morte che ci spaventava, bensì il fatto di finire arrosto e di essere mangiati. Purtroppo non riuscimmo a trovare alcun nascondiglio, e così a sera tornammo al castello e ci sedemmo nello spiazzo, mezzi morti di paura. Ed ecco che sentimmo tremare la terra ed arrivò il gigante nero il quale, come aveva fatto la sera innanzi, si avvicinò a noi e prese a tastarci fino a che trovò uno che gli parve abbastanza grasso e fece con lui quello che aveva fatto col capitano il giorno prima. E dopo che ebbe mangiato si sdraiò sulla panca e, si addormentò mettendosi a russare. E all'alba del giorno dopo si alzò e se ne andò per le sue faccende. Quando fummo rimasti soli, ci raccogliemmo in circolo e cominciammo a parlare, e uno di noi disse: " Per Allah, sarebbe meglio se ci gettassimo in mare e annegassimo, piuttosto che morire arrostiti; perché questa è una morte abominevole! " E un altro soggiunse: " Ascoltate le mie parole! Dovremmo trovare il modo di ucciderlo. Solo così potremo liberarci di questa minaccia e liberarne anche tutti i musulmani! " Allora io mi alzai e dissi: " Ascoltatemi, fratelli miei, se l'unica via di scampo è quella di uccidere questo gigante, dovremo per prima cosa costruirci una zattera e tenerla pronta sulla riva del mare. Perché se noi riusciremo ad ucciderlo potremo fare due cose: imbarcarci e cercare di raggiungere i paesi civili, oppure rimanere su quest'isola in attesa che qualche nave ci scorga e ci raccolga. Ma se per caso non riusciamo ad ucciderlo, allora l'unica cosa che possiamo fare è quella di correre alla spiaggia, saltare sulla zattera e cercare di fuggire via. In un modo o nell'altro, una zattera ci è indispensabile. " Udite le mie parole, tutti furono d'accordo, così ci mettemmo all'opera. Costruimmo alla meglio una zattera, vi caricammo su delle provviste, la nascondemmo vicino alla spiaggia e poi tornammo al castello. Quando arrivò la sera, ecco che di nuovo la terra cominciò a tremare e il gigante ci fu addosso ringhiando come un cane rabbioso. Come aveva fatto nelle due sere precedenti, scelse uno di noi, lo uccise, lo arrostì e lo mangiò, poi si sdraiò sulla panca e si mise a dormire. Allora noi non appena fummo sicuri che dormiva della grossa, afferrammo due spiedi e li ponemmo sul fuoco lasciandoceli finché non furono bene arroventati. Poi li prendemmo e glieli ficcammo negli occhi,
... continua ...

 
 
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