Storia di Sindbad il Marinaio
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pilastri... spingendo con tutta la forza delle nostre braccia, fino a che gli occhi non gli scoppiarono per il calore ed egli diventò completamente cieco. Per il grande dolore, il gigante si svegliò lanciando un grido che ci fece quasi morire di paura, poi balzò in piedi e cominciò a cercarci; ma non poteva trovarci, perché era cieco e noi fuggivamo da tutte le parti. Poiché non poteva nulla contro di noi, il gigante se ne uscì dal castello e noi gli tenemmo dietro per un po', quindi ci recammo nel luogo dove era nascosta la zattera dicendoci: " Rimaniamo qui fino a sera, e se costui non torna vorrà dire che è morto e che noi potremo restare su quest'isola in tutta sicurezza; se poi dovesse tornare, metteremo subito la zattera in acqua e fuggiremo via. " Avevamo appena finito di dire queste parole, quand'ecco che ricomparve il gigante cieco accompagnato da un altro gigante, se possibile ancor più orrendo e spaventoso di lui. Non appena li vedemmo ci precipitammo sulla riva del mare, montammo sulla zattera e fuggimmo via. Quelli intanto, accompagnandosi con orribili grida, cominciarono a scagliarci addosso massi di ogni forma e dimensione. E alcuni cadevano in acqua, ma altri colpivano la zattera. Alla fine, come Dio volle, ci trovammo in alto mare e fuori della loro portata. Così, ci guardammo intorno e vedemmo che eravamo rimasti solo in tre, perché gli altri erano morti tutti, colpiti dai massi. Continuammo ad andare in balia delle onde affranti e stremati, e tuttavia cercando dì rincuorarci a vicenda, fino a che i venti ci gettarono su un'isola, dove c'erano alberi, uccelli e corsi d'acqua. Ci inoltrammo per un po' verso l'interno, poi mangiammo i frutti, degli alberi e bevemmo l'acqua dei ruscelli, e al calar della sera ci gettammo per terra e subito ci addormentammo tanta era la fatica che avevamo addosso. Avevamo appena chiuso gli occhi, quand'ecco fummo risvegliati da un sibilo e vedemmo un serpente enorme e mostruoso che ci aveva circondati con le sue spire e. afferrato uno di noi, lo aveva inghiottito fino alle spalle. Poi inghiotti anche il resto e noi sentimmo le costole del nostro compagno che si spezzavano nel ventre dell'animale. Fatto questo il serpente se ne andò, lasciandoci sbalorditi per quello che era capitato al nostro compagno. Quando ci riavemmo dallo stupore, cominciammo a dire: " Per Allah, questo è un fatto meraviglioso! Ogni volta siamo minacciati da una morte peggiore della precedente. Ci rallegrammo di essere scampati alle scimmie e cademmo nelle mani del gigante nero; ci rallegrammo di essere sfuggiti al gigante nero, ma ora ci pare di essere minacciati da una morte ben peggiore. Non v'è forza se non in Allah! Ma, per l'Onnipotente, come faremo a evitare questo abominevole mostro serpentino? " Girammo tutto il giorno per l'isola mangiando frutti e bevendo l'acqua dei ruscelli, e quando venne la sera, ci arrampicammo su un albero altissimo e ci accingemmo a dormire. Ma ecco che arrivò il serpente e cominciò a guardare a destra e a sinistra, fino a che ci vide in cima all'albero; allora, avvolgendosi con le spire intorno al tronco, cominciò a salire e raggiunse il mio compagno, che si trovava su un ramo più basso, e con un sol colpo lo inghiottì fino alle spalle, poi con un altro colpo lo inghiotti tutto. Io me ne stavo lì terrorizzato e sentivo le ossa del mio compagno scricchiolare nel ventre dell'animale ed ero incapace di distogliere gli occhi da quello spettacolo orrendo. Dopo che ebbe inghiottito il mio compagno, il serpente se ne andò come era venuto. Il mattino dopo, quando fui sicuro che il serpente se ne era andato, scesi dall'albero, più morto che vivo dalla paura, e pensai sul momento di gettarmi in mare e por fine ad ogni affanno; ma non lo feci, perché la vita è l'ultima cosa alla quale si rinuncia. Stetti così per un poco a riflettere, poi scelsi cinque rami d'albero, larghi e lunghi, e due me li legai in croce ai piedi, due me li legai ai fianchi e il quinto me lo legai sulla testa per il largo. Poi mi sdraiai per terra protetto da questa specie di gabbia e attesi. Ed ecco che, scesa la sera, arrivò il serpente, il quale mi vide e si avvicinò; ma non poté inghiottirmi a causa dei rami che mi proteggevano. Allora mi girò intorno e cercò d'inghiottirmi dalla parte dei piedi, ma anche di là non riuscì a far nulla per via dei rami d'albero legati in croce. E mentre quello mi girava intorno e studiava il modo d'ingoiarmi, io stavo lì e lo fissavo con gli occhi sbarrati dal terrore. Andò avanti così per tutta la notte, con il serpente che cercava di ingoiarmi e i rami che glielo impedivano. Quando spuntò il sole, il serpente se ne andò, soffiando per la rabbia. Allora io mi sciolsi dalle tavole, mi alzai in piedi e ricominciai a camminare per l'isola finché, arrivato in cima a un promontorio, mentre guardavo distrattamente il mare, vidi in lontananza una imbarcazione e subito raccolsi un ramo frondoso e cominciai ad agitarlo gridando. Quando quelli della nave scorsero il ramo che io stavo agitando, si meravigliarono fortemente, perché sapevano che l'isola era disabitata; tuttavia si dissero che avrebbero fatto bene a venire a terra perché poteva anche darsi che si trattasse di un uomo. Così si avvicinarono fino al punto di udire le mie grida e di scorgermi ... continua ...

 
 
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