Storia di Sindbad il Marinaio
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pilastri... Allora io disposi delle mie mercanzie e le vendetti ricavandone grandi somme di denaro, del che fui molto contento. Andammo avanti così, a, vendere e a comperare in ogni isola che toccavamo, finché non giungemmo nella terra dell'Ind dove comperammo chiodi di garofano e zenzero e molte altre spezie, e di là ci portammo nella terra del Sind, dove pure facemmo buoni affari. E in questi paesi indiani vedemmo meraviglie senza numero, fra le quali un pesce simile ad una vacca, che alleva i piccoli nutrendoli alle mammelle come un essere umano; e con la sua pelle la gente del luogo ci fa delle pantofole; vidi anche animali marini simili ad asini, a cammelli, e tartarughe larghe venti cubiti. Vidi anche un uccello che nasce da una conchiglia marina e depone le uova sulla superficie del mare e colà,le cova senza mai venire a terra. fine, con un buon vento e con la benedizione di Allah, iniziammo il viaggio di ritorno ed arrivammo sani e salvi a Bassora. Qui rimasi qualche giorno, poi venni a Baghdad, dove non appena giunto nel mio quartiere e nella mia casa subito fui salutato da familiari e da amici. Durante questo viaggio avevo guadagnato ricchezze senza pari, perciò ne feci partecipi gli orfani e le vedove in segno di ringraziamento per il mio felice ritorno. Quando mi fui sistemato a casa, organizzai feste e conviti, ai quali invitai amici e conoscenti, e cosi continuai a vivere, dimenticando le disgrazie e le sventure passate.
Questo è quanto di più meraviglioso mi accadde durante il mio terzo viaggio e domani, se Allah lo vuole, sarete di nuovo miei ospiti e vi racconterò le avventure del mio quarto viaggio, che sono ancora più meravigliose di quelle che avete già udito.
Poi Sindbad il Marinaio ordinò che fossero dati a Sindbad il Facchino cento dinàr d'oro e che venisse portata in tavola la cena. Tutti mangiarono e bevvero a sazietà e alla fine Sindbad il Facchino se ne tornò a casa, ringraziando l'ospite per la sua cortesia. Il giorno dopo, appena si levò il sole, Sindbad il Facchino si alzò, recitò la preghiera del mattino e tornò a casa di Sindbad il Marinaio, il quale lo accolse amichevolmente e lo fece sedere accanto a sé. Quando tutti gli altri ospiti furono arrivati, Sindbad il Marinaio ordinò che venissero portati cibi e bevande. E dopo che tutti si furono rifocillati, cominciò a parlare raccontando le vicende del
Quarto viaggio di Sindbad il Marinaio
Sappiate, fratelli miei, che dopo qualche tempo che vivevo in pace e sereno godendomi l'agiatezza fui visitato da una compagnia di mercanti, i quali s'intrattennero con me parlando di viaggi e di traffici. Allora il vecchio demone ch'era dentro di me cominciò ad agitarsi ed io tornai a desiderare di conoscere paesi stranieri, di commerciare e far quattrini. Decisi allora di unirmi alla compagnia di quelle persone e, dopo aver comprato quanto poteva occorrere per un lungo viaggio, nonché grandi scorte dì merci preziose, mi recai a Bassora, dove m'imbarcai su una nave con quei mercanti che erano fra i maggiori della città.
Confidando nell'aiuto di Allah Onnipotente, col favore dei venti propizi e di un mare tranquillo, navigammo nelle migliori condizioni da un'isola all'altra e da un mare all'altro, fino a che un giorno si levò un forte vento contrario che costrinse il capitano a gettare le ancore e a mettere la nave in panna per timore che potesse affondare in mezzo all'oceano. Noi tutti allora ci gettammo a terra e cominciammo a pregare l'Onnipotente, 'e mentre eravamo così occupati arrivò un colpo di vento più forte degli altri, che stracciò le vele in mille pezzi, ruppe la gomena dell'ancora e la nave affondò con tutto il suo carico, mentre noi ci trovavamo in balia delle onde. Come Dio volle, a un certo momento riuscii ad afferrare una tavola e insieme con me altri naufraghi e cominciammo a sbattere i piedi nell'acqua usandoli a mo' di remi. Poi la tempesta si placò e noi vagammo sul mare immenso per tutto quel giorno e per la notte seguente. Al mattino i venti cominciarono.di nuovo a soffiare e le onde a ingrossarsi, sì che alla fine fummo gettati sfiniti ed affamati su un'isola. Ci mettemmo a camminare lungo la spiaggia e trovammo grande abbondanza di erbe, e, in mancanza di meglio, le mangiammo per poterci ristorare e per tenerci in piedi. Dopo aver molto errato su quell'isola, scorgemmo in lontananza
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